Tassa sugli smartphone inutile e dannosa, la versione dei produttori

Tassa sugli smartphone inutile e dannosa, la versione dei produttori
di Francesco Bisozzi
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Giovedì 26 Giugno 2014, 16:40 - Ultimo aggiornamento: 24 Dicembre, 20:55
Non dite che una tassa sui telefonini, ha chiesto Dario Franceschini. Chiamiamola allora stangatina: il decreto che rimodula le tariffe che i produttori di dispositivi tecnologici dovranno corrispondere agli autori e agli artisti per la riproduzione di opere musicali e audiovisive scaricate dal web innalza fino a 5,20 euro il balzello in favore dell'equo compenso per copia privata.



Balzello fermo dal 2009, anno in cui venne introdotto, e che in teoria sarebbe dovuto essere stato aggiornato già nel 2012. Nel mirino i nuovi archivi digitali (chiavette Usb, smartphone, Pc, smart Tv). L'equo compenso costava 0,90 euro in caso di acquisto di uno smartphone e 1,90 per i tablet. D'ora in poi sale a 3 euro per i dispositivi fino a 8Gb di potenza e a 4,80 euro per quelli che superano i 32Gb, 5,20 per i computer, per cd e dvd sono previsti rincari di 10 e 20 centesimi.



Ma a farne le spese non saranno i consumatori dal momento che in linea di base il decreto non prevede alcun incremento automatico dei prezzi di vendita. C'è da fidarsi? In verità i produttori potrebbero anche decidere in futuro di condividere il sacrificio richiesto con gli utenti finali.



Già, i produttori. Loro la nuova tassa sugli smartphone, pardon, stangatina, non l'hanno presa tanto bene, anzi, tutt'altro. La web tax dei telefonini proprio non va giù alle multinazionali del settore. «Minaccia l'innovazione digitale», ha avvertito il presidente di Confindustria digitale Elio Catania.



Catania era presente a Roma alla conferenza che si è tenuta nella sede di Confindustria digitale, intitolata «Perché l'industria digitale è contraria all'aumento dei compensi», alla quale ha preso parte anche Cesare Avenia, presidente di Assotelecomunicazioni-Asstel, oltre a vari rappresentanti di aziende Ict.



«La situazione è paradossale», ha aggiunto il presidente di Confindustria digitale, «la copia privata in Italia tende a diventare un fenomeno sempre meno diffuso, ma il Mibac non tiene conto di questo». Secondo un rapporto targato Castex il gettito prodotto dai compensi per copia privata ha raggiunto in Europa i 600 milioni nel 2012 (con il nuovo decreto il contributo dell'Italia salirà al 25%).



La rimodulazione delle tariffe è stata annunciata via twitter il 21 gennaio. Era un venerdì, in quel momento l'Italia stava perdendo con il Costa Rica ai Mondiali. Anche per questo la notizia inizialmente è passata pressoché inosservata. Altroconsumo ha deciso di ricorrere contro il decreto al Tar del Lazio. Presente su change.org una petizione che ha incassato finora oltre 24mila firme.



I detrattori del meccanismo dell'equo compenso per copia privata sottolineano che i consumatori che acquistano musica e film legalmente da piattaforme online pagano già a monte i diritti d'autore per poter fruire di questi prodotti su un certo numero di supporti. Il precedente ministro Bray aveva commissionato un’indagine ad hoc sulle abitudini dei consumatori per verificare se davvero le copie private di opere musicali e cinematografiche fossero cresciute negli ultimi tre anni tanto da legittimare un simile aumento: è emerso che solo il 13% dei consumatori fa copie private (il 70% predilige lo streaming) e di questi solo un terzo usa smartphone e tablet. Numeri che gettano una cattiva luce sul risarcimento preteso dalla Siae.



E il resto d'Europa cosa ne pensa? In Francia e Germania la tassa è ancora più salata che in Italia (per gli smartphone da 18Gb Berlino arriva a chiedere 36 euro, ma è in atto un contenzioso e per ora nessuno li paga). Nel Regno Unito il balzello non esiste. La Spagna l'ha eliminato nel 2012.
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