Statali, decolla la mobilità garantiti gli stessi stipendi

Statali, decolla la mobilità garantiti gli stessi stipendi
di Andrea Bassi
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Martedì 31 Marzo 2015, 06:31 - Ultimo aggiornamento: 07:50
Ci è voluto più tempo del previsto. Ma si trattava di un lavoro certosino. Stabilire per ogni articolazione della Pubblica amministrazione, dalle Province ai Comuni, dai tribunali ai ministeri, in quale categoria e funzione un dipendente che viene trasferito da un'amministrazione ad un'altra deve essere inquadrato. Sono quelle che in gergo tecnico si chiamano «tabelle di equiparazione» e permetteranno di dare finalmente il via alla mobilità obbligatoria per i dipendenti statali, quella introdotta dal decreto legge Madia dello scorso anno che prevede, in caso di esuberi, la possibilità di spostare i dipendenti dello Stato da un'amministrazione ad un'altra senza il loro consenso entro cinquanta chilometri. Le tabelle saranno consegnate dal ministero della funzione pubblica ai sindacati giovedì. Poi dovrebbe partire un rapido confronto.



IL CONFRONTO

La legge Madia non prevede che ci debba essere un consenso delle organizzazioni, ma semplicemente che queste vengano sentite. Chi alla funzione pubblica ha lavorato al documento, spiega che è stato fatto in modo che in caso di trasferimento al dipendente statale sia garantita la parità di stipendio. La logica di base, anzi, è stata proprio questa. Partendo proprio dalla retribuzione per ogni ente e per ogni posizione, si è andati ad incrociare a quali posizioni nelle altre amministrazioni quella retribuzione corrispondeva. La prima applicazione della mobilità obbligatoria riguarderà i 20 mila lavoratori delle province. Per questi ultimi, in realtà, la macchina sembra essersi impallata per il ritardo delle Regioni. Oggi scade il termine entro il quale i governatori avrebbero dovuto legiferare stabilendo le funzioni delle Province da trasferire alle Regioni e quali invece lasciare. Solo in tre l'hanno fatto: la Toscana, l'Umbria e la Liguria. In molti, complici anche le elezioni amministrative del 31 maggio prossimo, hanno preferito rallentare. Probabile, dunque, che il governo sia costretto a concedere una proroga. Proroga che potrebbe arrivare con un decreto legge sugli enti locali da approvare dopo Pasqua nello stesso consiglio dei ministri chiamato a decidere sul Documento di economia e finanza.



L'ULTIMO PASSAGGIO

In realtà, prima che la macchina del trasferimento dei dipendenti delle Province possa definitivamente partire, il ministero della Funzione pubblica dovrà emanare anche un altro decreto attuativo. Con la legge di stabilità è stato deciso un blocco delle assunzioni per due anni per dare il tempo alla pubblica amministrazione di digerire i dipendenti in esubero delle Province. La manovra prevedeva anche che il ministero della Funzione pubblica dovesse stabilire i criteri della mobilità. Dire, insomma, a chi tocca per prima, se a un Comune piuttosto che una Regione, assorbire gli esuberi. Il testo di questo provvedimento non è ancora pronto, ma non dovrebbe essere questione di molto. Comunque sia il numero di esuberi delle Province, alla fine, dovrebbe risultare inferiore ai 20 mila fino ad oggi stimati. Ottomila dipendenti che attualmente lavorano nei Centri per l'impiego, per esempio, dovrebbero confluire nella nascitura Agenzia nazionale per l'occupazione prevista dal Jobs act. Un altro migliaio di dipendenti dovrebbe invece essere allocato negli uffici giudiziari, mentre ancora da chiarire è il destino dei poliziotti provinciali che dovrebbero finire nella riforma dei corpi di polizia previsti dalla delega sulla Pubblica amministrazione ancora in discussione al Senato.