Statali, assenteismo e scarso rendimento: più facile licenziare

Statali, assenteismo e scarso rendimento: più facile licenziare
di Andrea Bassi e Luca Cifoni
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Domenica 5 Febbraio 2017, 09:14 - Ultimo aggiornamento: 6 Febbraio, 07:41
Le prime novità erano state anticipate con il decreto sui furbetti del cartellino, concepito anche sull'onda dei clamorosi casi di assenteismo in alcune amministrazioni pubbliche. Il nuovo testo unico del pubblico impiego oltre ad assorbire quelle norme riordina tutta la materia del licenziamento disciplinare, aggiungendo alcune casistiche a quelle esistenti e rendendo più fluida tutta la procedura. Ma nel provvedimento, che Marianna Madia conta di portare in Consiglio dei ministri per la metà del mese, sono affrontati e rivisitati anche altri capitoli del rapporto di lavoro pubblico, dalla contrattazione ai concorsi: alla stesura definitiva contribuiranno anche i contatti, ancora in corso, con i sindacati.

I CASI
Al licenziamento disciplinare, come nel vecchio decreto legislativo 165 del 2001 (già rivisto nel 2009 quando era ministro Brunetta) è dedicato un apposito articolo, il 55 quater. Nel testo attualmente in vigore erano sostanzialmente elencate sette casistiche, che vengono ora confermate. Si tratta della falsa attestazione della presenza (appunto il caso dei furbetti) o dell'invio di certificati medici falsi, altra situazione emersa nelle cronache; dell'assenza non giustificata per più di 3 giorni nel biennio o 7 giorni in 10 anni; del rifiuto ingiustificato rifiuto del trasferimento, quando questo sia motivato da esigenze di servizio; della presentazione di falsi documenti o dichiarazioni al momento dell'assunzione o in caso di promozione (ad esempio per utilizzare titoli che non si hanno); delle situazioni in cui un dipendente si comporta ripetutamente in modo aggressivo, molesto o ingiurioso, nell'ambiente di lavoro; del caso in cui c'è una condanna penale definitiva per la quale è prevista l'interdizione dai pubblici uffici; di una reiterata valutazione negativa della performance del dipendente nell'ultimo triennio (eventualità quest'ultima che era prevista in un comma a parte e ora viene invece inserita nell'elenco). Ma con il nuovo testo unico vengono aggiunte (e precisate) altre tre situazioni: la violazione del codice di comportamento, se grave oppure reiterata (ad esempio nel caso di spese di rappresentanza improprie, al di là della rilevanza penale); il mancato esercizio dell'azione disciplinare da parte del dirigente, quando avvenga con dolo o colpa grave; lo scarso rendimento del dipendente che per lo stesso motivo abbia ricevuto una sanzione nei due anni precedenti.

Nella direzione di ridurre l'assenteismo, e quindi in qualche modo di prevenire i casi più gravi, vanno anche le nuove norme relative agli accertamenti medici, che concentrano questa funzione nell'Inps anche per i dipendenti pubblici e avviano l'armonizzazione con il mondo del lavoro privato degli orari delle visite di controllo. Nella bozza in circolazione in questi giorni c'è anche una norma che impone di inserire nei contratti clausole per la riduzione generalizzata dei premi di risultato nelle amministrazioni in cui si verificano tassi di assenteismo superiori alla media, in particolare in prossimità di giornate festive o di picchi di esigenze di servizio verso l'utenza; ma questo aspetto è oggetto di riflessione anche con i sindacati e potrebbe essere rivisto.

Al di là delle dieci casistiche, l'obiettivo del governo è semplificare l'azione disciplinare e renderla più scorrevole anche quando possa sfociare nel licenziamento. Oltre alla fissazione di tempi certi, già prevista nel decreto dei furbetti, c'è ad esempio una norma per cui quando una sanzione (compreso il licenziamento) viene annullata dal giudice perché sproporzionata il procedimento potrà comunque ripartire con nuovi termini. Oppure si stabilisce che se il procedimento disciplinare viene sospeso in attesa delle conclusioni di quello penale, possa comunque riprendere qualora emergano elementi nuovi.

LE GARANZIE
Allo stesso tempo vengono consolidate alcune garanzie per il dipendente: così è previsto che quando il giudice annulla un licenziamento condanni l'amministrazione al reintegro, al pagamento di un'indennità risarcitoria corrispondente alla retribuzione per il periodo intercorso e al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali. Per i dipendenti pubblici quindi, a differenza dei privati interessati dalle modifiche dall'articolo 18 dello statuto dei lavoratori, la tutela in questi casi resta piena.