L'altra questione riguarda il momento in cui scatteranno gli aumenti in busta paga. Anche questo dipenderà dalla velocità con la quale saranno condotte le trattative in sede Aran. La validità del contratto, comunque, sarà per il triennio 2016-2018.
LE RISORSE
Questo significa che, in ogni caso, nel momento in cui sarà sottoscritto l'accordo dovranno essere versati anche gli arretrati. È probabile, anzi scontato, che l'aumento di 85 euro non avverrà in un'unica soluzione, ma che ci si arriverà per gradi. Nel 2017, per esempio, l'aumento potrebbe essere di una quarantina di euro (coerente con i fondi stanziati nella legge di Bilancio), per poi arrivare nel 2018 agli 85 euro medi. Al momento, tuttavia, le risorse presenti nella manovra per il 2018 non sarebbero sufficienti. L'intenzione del governo sarebbe quella di incrementarle con la prossima legge di stabilità, ma la Cgil chiede chiarezza sin da subito, quanto meno con uno spacchettamento del maxi fondo da 1,9 miliardi già stanziato, ma che deve coprire anche le assunzioni promesse da Matteo Renzi nel pubblico impiego e la stabilizzazione del bonus da 80 euro per le Forze dell'ordine. L'altro tema riguarda la legge Brunetta e i premi. La legge voluta dall'ex ministro della Funzione pubblica, prevede che i contratti non possano derogare alle norme imperative che riguardano gli statali. Dunque nemmeno a quella che prevede che il 50% delle risorse per il premi vadano al 25% dei dipendenti più bravi, mentre l'ultimo 25% non otterrebbe nessun incentivo economico. Questa impostazione, come prevede la bozza di verbale, sarà cambiata. Sarà restituito spazio alla contrattazione. I sindacati vorrebbero che questo principio valesse anche per il comparto dell'istruzione, dove la riforma sulla «Buona scuola» ha praticamente introdotto il principio della Brunetta per cui la legge è inderogabile dal contratto. Ma su questo punto il governo non avrebbe intenzione di cedere. Sarebbe questo, al momento, il principale ostacolo all'accordo.