Privatizzazioni al palo, si apre il fronte con la Ue

Privatizzazioni al palo, si apre il fronte con la Ue
di Luca Cifoni
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Giovedì 14 Dicembre 2017, 07:57 - Ultimo aggiornamento: 22:34
Privatizzazioni sempre in bilico. Dopo che lo scorso anno il Tesoro era riuscito a portare in cassa solo lo 0,1 per cento del Pil, ricavato dall'offerta di Enav e da operazioni immobiliari, a metà dicembre si profila anche per il 2017 un risultato al di sotto degli obiettivi alla voce dismissioni; o addirittura un rotondo zero come prevede la commissione europea.

LE CONDIZIONI DI MERCATO
All'inizio dell'anno il ministro Padoan aveva spiegato gli scarsi risultati ottenuti menzionando le condizioni di mercato non favorevoli. Nei mesi successivi però - a costo di confrontarsi con dubbi o mezzi veti provenienti dal Pd - aveva rinnovato l'impegno a proseguire il percorso della cessione di asset societari, con il duplice obiettivo di favorire la discesa del rapporto debito/Pil e di migliorare la governance delle società stesse. Il traguardo fissato ad aprile nel Documento di economia e finanza (Def) non sembrava fuori portata: lo 0,3 per cento del Pil ovvero circa 5 miliardi di euro. Quel numero però è stato poi rivisto verso il basso a settembre, con la Nota di aggiornamento al Def: 0,2 per cento. Un risultato che doveva essere garantito dal trasferimento alla Cassa Depositi e Prestiti di almeno una parte del 53,28 per cento di Enav ancora in possesso del Tesoro ed anche di un pacchetto di azioni Eni: il Mef detiene attualmente il 4,34 per cento del Cane a sei zampe, mentre il 25,76 è già della Cdp, in una situazione in cui lo Stato mantiene comunque il controllo di fatto.

Già da qualche giorno però sono emersi problemi, per cui il punto non è entrato nell'ordine del giorno del consiglio di amministrazione di Cdp in calendario ieri. Il rischio - evidenziato dalla Banca d'Italia in un parere espresso al Tesoro - è che stavolta Eurostat possa non considerare operazioni del genere come cessioni ad un soggetto esterno alla pubblica amministrazione. È vero che in passato ne erano state fatte altre, ma proprio il ripetersi di questi passaggi azionari starebbe convincendo le autorità europee a guardare alla sostanza piuttosto che alla forma.

LE ALTERNATIVE
A questo punto però il governo italiano non ha alternative possibili e dunque a Via Venti Settembre si sta ancora studiando una procedura modificata che abbia il via libera di Bruxelles. Se sarà trovata la quadra, il consiglio di Cdp potrà naturalmente tornare a riunirsi prima della fine dell'anno. Altrimenti resterà in pista solo l'operazione Ferrovie-Anas, che in realtà risponde ad una logica industriale più che contabile ma che comunque porterebbe a riduzione del debito circa 400 milioni grazie all'uscita della società delle strade dal perimetro della Pa. Sullo sfondo ci sono sempre i due progetti più volte messi in cantiere ma mai realizzati, ovvero la quotazione della parte Frecce delle Ferrovie e la cessione della quota di Poste italiane ancora in mano al Tesoro: è inevitabile che le future decisioni in merito siano prese dal governo che ci sarà dopo le elezioni.

LA FLESSIBILITÀ
Lo 0,2 per cento del Pil posto come obiettivo per il 2017 equivale a circa 3,5 miliardi. Di per sé non è una cifra colossale rispetto ai quasi 2.300 miliardi di debito pubblico. Ma il mancato rispetto dell'impegno potrebbe comportare qualche problema sul fronte europeo visto che l'Italia, dopo aver usufruito di varie forme di flessibilità, deve ancora convincere Bruxelles che le misure di riduzione del deficit per il prossimo anno bastano a garantire la correzione minima richiesta dalle regole Ue.

 
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