Pensioni, almeno 38 anni di contributi per uscire con quota 100. Manovra da 40 miliardi

Pensioni, almeno 38 anni di contributi per quota 100
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Venerdì 28 Settembre 2018, 16:57 - Ultimo aggiornamento: 30 Settembre, 13:22

Ci vorranno almeno 38 anni di contributi per andare in pensione con quota 100. È quanto sta studiando il governo, secondo quanto si apprende da fonti governative.

La quota 100 tra età e contributi per andare in pensione nel 2019 dovrebbe avere dunque un doppio paletto con l'età minima a 62 anni e i contributi a 38 anni. Si pensa anche di bloccare l'aumento dell'aspettativa di vita di 5 mesi per le pensioni anticipate previsto per il 2019. In pratica quindi nel 2019 si potrà continuare ad andare in pensione indipendentemente dall'età avendo 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 3 mesi per le donne) invece che 43 anni e 3 mesi. Nelle intenzioni di Lega e 5 Stelle l'obiettivo sarebbe quello di consentire l'uscita di 400mila persone con un ricambio generazionale che nelle aziende di Stato, secondo Luigi Di Maio, potrebbe valere 2 assunti ogni pensionato.

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Intanto attuare le misure promesse da Lega e Movimento 5 Stelle potrebbe far lievitare il conto della prossima manovra a circa 40 miliardi. Una cifra che nemmeno il deficit al 2,4% del Pil basterebbe a coprire e per la quale
servirebbero altri 13 miliardi di risorse aggiuntive. Nel conto rientrano innanzitutto 12,5 miliardi per disinnescare le clausole Iva, oltre a 3,6 miliardi da destinare alle spese indifferibili e 3-4 miliardi di maggiori interessi sul debito. Un primo blocco di spesa da circa 20 miliardi che, insieme agli effetti della minore crescita, assorbe la maggior parte dell'extra deficit, lasciando a disposizione solo 7 miliardi di euro.

Stando però agli annunci delle due forze di governo, servono anche 10 miliardi per il reddito di cittadinanza, tra i 6 e gli 8 miliardi per riformare la legge Fornero sulle pensioni introducendo quota 100, 1,5 miliardi per risarcire i risparmiatori coinvolti nelle crisi bancarie, 1,5 per ampliare la flat tax sugli autonomi, 1 miliardo per tagliare al 15% l'Ires sugli utili reinvestiti. Senza contare ulteriori eventuali fondi da destinare agli investimenti, su cui il governo continua a insistere. Non è quindi escluso che, al di là degli incassi legati alla pace fiscale, si debba comunque fare ricorso a nuovi tagli, ancora tutti da verificare.

PACE FISCALE FINO A 500MILA EURO - Dopo la resistenza del M5S, contrario ad ogni forma di sanatoria simile a un condono, il tetto per aderire all'operazione di «saldo e stralcio» dei debiti sarebbe sceso da 1 milioni a 500 mila euro.

REDDITO DI CITTADINANZA - Anche in questo caso l'assegno promesso è di 780 euro al mese. La platea sarebbe, secondo Di Maio, di 6,5 milioni di persone, superiore quindi ai 5 milioni di poveri stimati dall'Istat. Il costo annunciato è di 10 miliardi ma distribuire a questa platea l'importo previsto farebbe lievitare il conto ben al di sopra (il contratto di governo parlava di 17 miliardi). La misura potrebbe però partire da marzo o da maggio, preceduta dal potenziamento dei centri per l'impiego. All'intervento sarebbero peraltro destinati gli stanziamenti già previsti per il Reddito di inclusione, pari a circa 2,6 miliardi.

SALGONO LE PENSIONI MINIME - Negli annunci, oltre al reddito, rientrano anche le pensioni di cittadinanza che il M5S vorrebbe a 780 euro a partire già da gennaio. Non è chiaro se all'intervento saranno destinate risorse ad hoc o se si attingerà ai 10 miliardi del reddito di cittadinanza.

FLAT TAX PARTE DAGLI AUTONOMI - La Lega punta ad ampliare la platea di destinatari del regime forfettario dei minimi, che interessa adesso circa 900 mila soggetti portandoli a un milione e mezzo. L'idea è di garantire la flat tax al 15% (che assorbe Iva, Irpef e Irap) a tutti i redditi sotto i 65.000 euro contro gli attuali tetti di 30.000 e 50.000 euro. È al momento in stand by l'ipotesi di una seconda aliquota al 20% per i redditi aggiuntivi fino a 100.000 euro per la quale serve il via libera dell'Ue.

MINI-IRES PER ASSUNZIONI E UTILI REINVESTITI - La tassa sulle imprese potrebbe scendere dal 24% al 15% per le aziende che reinvestono gli utili in macchinari e attrezzature, in ricerca e sviluppo o in nuove assunzioni stabili.

MOLTIPLICATI RISARCIMENTI A RISPARMIATORI - Per gli obbligazionisti e gli azionisti coinvolti nelle crisi bancarie, l'obiettivo è portare il fondo rimborsi a 1,5 miliardi, facendo leva sulle risorse che via via si libereranno dai conti dormienti. Il timing dell'operazione non è stato precisato.

CACCIA ALLE COPERTURE, TAGLI NECESSARI - Oltre al deficit la voce da cui la maggioranza punta ad ottenere maggiori risorse è la pace fiscale. Anche in questo caso, gli annunci parlano di 5 miliardi di potenziale gettito. Fonte di coperture, anche se spalmate in più anni, potrebbe essere la gara 5G che ha già raggiunto i 5,9 miliardi contro i 2,5 stimati nella scorsa legge di bilancio. Ciò non toglie, tuttavia, che si debba probabilmente far ricorso ad una nuova tornata di spending review che potrebbe valere tra i 3 e i 4 miliardi (di cui 1 miliardo già previsto per legge in arrivo dai ministeri) e ad una risistemazione degli attuali incentivi alle imprese, a partire dall'Ace, con cui finanziare il pacchetto fisco.

 

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