Pensioni, i dubbi sull'età, possibile calo automatico: soglia del ritiro legata ala speranza di vita

Pensioni, i dubbi sull'età, possibile calo automatico: soglia del ritiro legata ala speranza di vita
di Andrea Bassi e Luca Cifoni
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Venerdì 29 Aprile 2016, 08:42 - Ultimo aggiornamento: 30 Aprile, 08:52

ROMA - Ad ogni riforma delle pensioni degli ultimi anni, la frase veniva usata come un mantra dal politico di turno per indorare la pillola. Suonava più o meno così: c'è una notizia buona e una cattiva. La buona è che si vive di più e meglio in salute, la cattiva è che bisognerà lavorare per un tempo maggiore prima di andare in pensione. Per mettere in sicurezza la tenuta del sistema previdenziale italiano, è stato inserito nelle norme una sorta di «pilota automatico». Ogni volta che viene registrato un aumento nella speranza di vita dei lavoratori, la data della pensione di allontana automaticamente. L'ultimo aggiornamento è entrato in vigore proprio quest'anno, quando l'età per lasciare il lavoro è salita da 66 anni e 3 mesi a 66 anni e 7 mesi, perché nel triennio chiuso al 2014 anche la vita degli italiani si è allungata di 120 giorni. Poi, però, l'anno scorso è accaduto qualcosa che nessuno aveva messo in conto: un'inversione di tendenza. Per la prima volta, ha certificato l'Istat, invece di aumentare, la speranza di vita si è ridotta.

IL DATO
Per gli uomini è calata di due mesi, da 80,3 anni e quella delle donne di tre mesi, da 85 anni a 84,7. Cosa accade a questo punto all'età di pensionamento che è legata all'aspettativa di vita? E qui sorge il problema. Non tutti gli esperti sono d'accordo. Alberto Brambilla, presidente del Centro studi Itinerari previdenziali, già a capo del Nucleo tecnico di valutazione della spesa previdenziale, non ha dubbi. «Se la speranza di vita si riduce», dice, «anche l'età di pensionamento deve scendere. Se la tendenza del 2015 fosse confermata anche nel 2016 e nel 2017», aggiunge, «nel prossimo adeguamento programmato per il 2019 l'età dovrebbe rimanere stabile a 66 anni e 7 mesi o addirittura scendere». La questione è sostanziale. «La speranza di vita», spiega Brambilla, «è un parametro utilizzato anche nei coefficienti di trasformazione». Si tratta di quel complicato meccanismo con il quale si calcola l'importo della pensione. Se l'aspettativa di vita scende e i coefficienti non vengono adeguati, il lavoratore riceverebbe in pratica una pensione inferiore al dovuto. Il problema è che le norme non sono chiare.

LE RIFORME
Il principio dell'adeguamento all'aspettativa di vita era entrato nell'ordinamento nel 2009, con effetto previsto solo dal 2015. Ma poi la spinta a ridurre la spesa pensionistica - anche sull'onda dell'emergenza finanziaria e delle richieste europee - ha fatto accelerare i tempi: già nel 2010 una pesante manovra del governo Berlusconi tornava sul tema anticipando la novità al 2013 e fissandone le modalità. Dunque ogni tre anni non solo l'età per la pensione di vecchiaia ma anche gli altri requisiti di contribuzione vanno adeguati in base all'aumento della speranza di vita. Che quest'ultima potesse invece diminuire non era evidentemente una eventualità presa molto in considerazione: nella stessa legge del 2010 si dice solo che in tal caso non ci sarebbe stato aggiornamento, ma la frase, un po' ambigua, sembrerebbe riferirsi solo alla «prima applicazione» ovvero al 2013. In ogni caso nel testo si parla sempre di «incremento dei requisiti» il che porterebbe ad escludere una loro riduzione. A rafforzare questa interpretazione (ma anche a complicare un po' le cose) è arrivato poi il famoso decreto salva-Italia approvato dal governo Monti a fine 2011, che contiene all'articolo 24 la riforma Fornero nel suo insieme. A proposito dell'aspettativa di vita stabilisce che dopo il 2019 gli adeguamenti dei requisiti saranno biennali invece che triennali. Ma soprattutto, raccogliendo una specifica raccomandazione della Ue, prevede che in ogni caso per coloro che andranno in pensione dal 2021 l'età per la vecchiaia non possa essere inferiore ai 67 anni. Dunque quel traguardo intermedio dovrà comunque essere rispettato, indipendentemente dagli andamenti demografici. Chi è convinto, al di la delle norme, che il sistema vada rivisto, è il presidente della Commissione lavoro della Camera Cesare Damiano. «Vanno superati i dogmi dei liberisti», dice, «dovremmo avere meccanismi che consentono di adattare le regole a situazioni non previste. Altrimenti», chiosa, «è un furto ai danni dei pensionati».