Ocse, la (controversa) ricetta taglia-debito

Angel Gurria e Pier Carlo Padoan
di Andrea Bassi
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Mercoledì 15 Febbraio 2017, 16:53
Pier Carlo Padoan ha vissuto una importante fetta della sua vita professionale nell'Ocse. Verosimile, dunque, che prenda in qualche considerazione le indicazioni che sono contenute nel rapporto sull'Italia pubblicato dall'Organizzazione internazionale guidata da Angel Gurria. Soprattutto in una fase come questa, dove l'attenzione dei mercati torna a concentrarsi sul debito pubblico, che ormai ha superato il 133 per cento del Pil. 

Su questo punto l'Ocse disegna alcuni scenari. E sembra dare qualche suggerimento. Il primo scenario prevede che l'economia italiana cresca dell'1 per cento all'anno; che il surplus primario, ossia la differenza tra le entrate e le spese al netto degli interessi sul debito, sia dell'1,5 per cento; che la spesa per gli stessi interessi sia contenuta al 3,2 per cento del Pil; e, infine, che l'inflazione arrivi entro il 2024 a un livello dell'1,5 per cento. Bene. In un mondo siffatto, il debito italiano scenderebbe entro il 2030 al 123 per cento. Resterebbe comuqnue alto, ma meglio dello scenario peggiore, quello in cui gli interessi sul debito si impennano raggiungengo il livello pre-crisi, ossia il 4,4 per cento del Pil. In questo caso il debito toccherebbe, sempre nel 2030, il massimo storico del 140 per cento. Praticamente il default. 

C'è però, un terzo scenario delineato dall'Ocse. Uno scenario per centrare il quale, il governo dovrebbe compiere alcune mosse. Un suggerimento tra le righe, insomma. Spiega l'Ocse, che se la crescita fosse non dell'1 per cento ma dell'1,5 per cento, ferme restando tutte le altre variabili del primo scenario, quello che porterebbe ad una riduzione al 123 per cento del debito nel 2030, quest'ultimo scenderebbe ulteriormente al 115 per cento. Più o meno ai livelli pre-crisi. Ma cosa dovrebbe fare l'Italia per aumentare la crescita di uno 0,5 per cento di Pil? Secondo l'Ocse, la ricetta migliore sarebbe quella di tagliare i contributi sociali che pesano sulle buste paga. 

Se li tagliasse solo del 10 per cento, spiega l'Ocse, il Pil pro-capite salirebbe dell1,6 per cento. Il punto, dolente, è come fare a finanziare questo taglio dei contributi. Anche su questo punto l'organizzazione ha una sua ricetta. Bisognerebbe, innanzitutto, aumentare il gettito dell'Iva. Lo si potrebbe fare, dice l'Ocse, applicando a tutta la base imponibile l'aliquota standard. Significa il 22 per cento su tutti i beni, anche quelli tassati oggi al 10 e al 4 per cento. Da sola questa misura, porterebbe un gettito di 45 miliardi, pari al 30 per cento del totale dei contributi sociali pagati dai lavoraratori. Lo scambio, insomma, è tra meno tasse sul lavoro e più tasse sui consumi. Uno scambio fino ad oggi mai accettato dal governo.



 
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