Ocse: tassa patrimoniale può ridurre velocemente le disuguaglianze. Ma in Italia è un coro di no

Ocse: tassa patrimoniale può ridurre velocemente le disuguaglianze. Ma in Italia è un coro di no
di Giusy Franzese
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Giovedì 12 Aprile 2018, 17:45 - Ultimo aggiornamento: 13 Aprile, 10:02
L'Italia è uno dei Paesi dove, dopo la crisi economica dell'ultimo decennio, la disuguaglianza sociale è più aumentata e dove la concentrazione di ricchezza verso l'alto è diventata più evidente. Lo scrive l' Ocse nel rapporto The Role and Design of net wealth taxes pubblicato oggi. Come ridurre i divari? L'Ocse suggerisce, pur con cautela e non i tutte le situazioni, l'introduzione della tassa patrimoniale. Ma in Italia si alza un coro di no. Da parte della Confedilizia, della Confindustria e anche dell'ex commissiario alla spending review Carlo Cottarelli, secondo il quale la medicina sarebbe peggiore del male, perché potrebbe creare «problemi di liquidità».

LA CONCENTRAZIONE
In Italia - secondo i dati Ocse - il 43% della ricchezza totale è in mano al 10% della popolazione. Non accade solo da noi, comunque. In Francia e in Germania la situazione mostra una concentrazione della ricchezza ancora maggiore: il 10% dei  francesi controllano il 51% della ricchezza nazionale, quelli tedeschi il 56%. Anche nella nordica Finlandia (45%) la concentrazione è maggiore, mentre è minore in Lussemburgo (41%).

«Dopo la crisi, sono proseguite le tendenze verso una maggiore disuguaglianza di ricchezza. Dati comparabili per sei paesi Ocse (Australia, Canada, Italia, Paesi Bassi, Regno Unito e Stati Uniti) indicano che, dalla crisi, la concentrazione di ricchezza al vertice è aumentata in quattro di essi (Italia, Paesi Bassi, Stati Uniti Stati e il Regno Unito), mentre la disparità di ricchezza nella parte inferiore della distribuzione è aumentata in tutti i paesi tranne il Regno Unito» si legge nel rapporto.

Di qui «un rinnovato interesse verso la patrimoniale» che secondo l'Ocse si sta diffondendo in Europa. Attualmente questo tipo di imposizione fiscale oggi è applicata solo in 4 paesi dell' Ocse (contro i 12 del 1990). «Le scelte di abrogare le imposte patrimoniali sono state spesso giustificate da osservazioni sull'efficienza e dall'osservazione che le patrimoniali hanno spesso fallito nel soddisfare i loro obiettivi redistributivi» con entrate «molto basse, con poche eccezioni». Ma l'organizzazione riconosce come «di recente, tuttavia, alcuni paesi hanno mostrato un rinnovato interesse per le imposte sul patrimonio come un modo per aumentare le entrate e affrontare le disuguaglianze» nella distribuzione delle ricchezze.
I PRO E I CONTRO
L' Ocse evidenzia tutti i pro e i contro della tassa. I risultati indicano che, in generale, la necessità di adottare «una tassa sulla ricchezza netta» è minima nei Paesi dove sono applicate su larga scala le tasse sui redditi e sui capitali personali, comprese le imposte sulle plusvalenze, e dove le tasse di successione sono ben disegnate. In questi casi la patrimoniale potrebbe avere effetti addirittura «distorsivi». Al contrario, potrebbe funzionare ed essere utile dove la tassa di successione non esiste e dove le imposte sui redditi sono particolarmente basse.
La posizione dell'Italia è piuttosto complessa: per la tassa di successione c'è la franchigia fino a un milione di euro, e per quanto riguarda le tasse sulla casa godiamo di uno dei regimi più favorevoli dell'area Ocse per la prima casa non di lusso,  mentre il fisco diventa tra i più onerosi se l'alloggio è stato acquistato con un mutuo e dato in affitto.
In base alle statistiche Ocse, infatti, l'aliquota marginale effettiva sull'abitazione occupata dai proprietari (e acquistata con patrimonio proprio, cioè senza fare ricorso a prestiti) in Italia è dell'1,8%, la quarta più bassa sui 40 Paesi presi in considerazione (i 35 Ocse più 5 Paesi partner).
Il fisco più pesante in questo caso è quello del Belgio (49%), ma non scherza neppure quello degli Stati Uniti (40%). Il paradiso dei proprietari di casa si trova in Slovacchia, Lussemburgo ed Estonia, con aliquote marginali reali pari a zero o a qualche decimale. Il discorso è diverso se la casa è data in affitto: nel caso dell'Italia l'aliquota sale al 47% incluse le imposte ricorrenti, il che vale il 17esimo posto per ampiezza della tassazione. Prima è l'Australia con l'88%, mentre il fisco più leggero è quello della Corea (9,3%). Il quadro cambia ancora se la casa è acquistata a debito, cioè con un mutuo: se è abitata dal proprietario, l'aliquota sale comunque al 13,2%, pure restando nel novero del fisco più leggero (il nono, ma in Estonia in questo caso c'è la deduzione del 28%). Se l'abitazione su cui si paga anche un mutuo è affittata, in Italia l'aliquota va al 76,4%, la quinta più pesante dei 40 Paesi esaminati (ma in Francia è del 91%).

La Penisola, inoltre, è tra i pochi Paesi industrializzati ad offrire una tassazione più favorevole per gli investimenti in titoli di Stato, mentre il fisco si fa piuttosto pesante sugli investimenti azionari. Minori che altrove, inoltre, le agevolazioni fiscali per i fondi pensione.

I PERICOLI
Secondo Confedilizia, l'organizzazione dei proprietari immobiliari, però bisogna stare molto attenti a introdurre nuove tasse, perché «nel nostro Paese una patrimoniale c'è già: si chiama Imu-Tasi, vale 21 miliardi di euro l'anno e ha già provveduto ad annientare il settore immobiliare, favorendo la chiusura di imprese, la perdita di posti di lavoro e la contrazione dei consumi».

La patrimoniale non convince nemmeno Carlo Cottarelli:  «Una patrimoniale  non si può escludere in una situazione di emergenza, ma creerebbe problemi di liquidità», in quanto «sarebbe un aggiustamento troppo anticipato ed è meglio averne uno graduale».

Contraria anche Confindustria. Dice il presidente Vincenzo Boccia: «Noi viviamo in un Paese in cui le patrimoniali le hanno già messe sui fattori di produzione: ci sono tasse come l'Irap e l'Imu che pagano sui capannoni industriali chi dovrebbe fare impresa».

 
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