Un quadro in deciso miglioramento rispetto al 2016, quando erano 11 i settori in regresso sul 2015. Tra i campioni del 2017 c'è la metallurgia (+17,9% sul 2016), il comparto petrolifero (+11,4%), l'industria della carta (+9,2%), le pelli e il cuoio (+9%), l'impiantistica (+8,7%), i mezzi di trasporto (+7,2%), i trasporti (+7,1%), la gomma e i cavi (+6,9%), la chimica (+6,8%) e l'energia (+6,2%). In crescita per il secondo anno consecutivo le telecomunicazioni (+1,6%) dopo sette anni di arretramenti. In confronto al 2008 i settori più brillanti sono stati quello delle pelli e del cuoio (+52,5%), le utility di acqua, igiene ambientale, aeroporti e autostrade (+33,2%), i mezzi di trasporto (+29,9%), le bevande (+29,2%), il conserviero (+28,1%), i trasporti (+22,6%) e la Gdo, soprattutto non alimentare e discount (+21,8%). I peggiori sono invece l'editoria (-42,1%), i prodotti per l'edilizia (-36,5%), il petrolifero (-35,6%), l'impiantistico (-23,5%) e le Tlc (-22,7%). Non si è ancora a regime invece sul fronte della redditività e dell'occupazione. Secondo Piazzetta Cuccia qui «la strada è ancora lunga», dato che il margine operativo netto (Mon) è ancora sotto dell'11,6%, mentre gli addetti sono il 3,7% in meno del 2008. In termini di margini industriali le aziende pubbliche sono sotto del 15,9%, quelle le private del 10,1% e il terziario del 32,4%. A ridurre lo scompenso interviene la manifattura, i cui margini sono cresciuti in 9 anni del 26,5%, grazie all'apporto delle medie imprese (+23,5%), di quelle medio-grandi (+23,3%) e di quelle maggiori (+80,8%). A fine 2017 l'industria vanta il 73,3% di imprese in 'investment gradè (+11,2% sul 2008), con i settori dell'alta (84%) e medio-alta tecnologia (77,5%) ai vertici, meno brillanti invece quelli a a medio-bassa (71,7%) e bassa tecnologia (70,5%). Gli investimenti sono cresciuti del 6,4% sulla media del quadriennio precedente (2013-2016), con la manifattura in testa (+14,6%) e il terziario di nuovo vitale (+6,5%) dopo anni di stasi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA