«Accordi segreti per pagare meno tasse in Lussemburgo». Scoppia il caso "Luxleaks", Juncker nel mirino

«Accordi segreti per pagare meno tasse in Lussemburgo». Scoppia il caso "Luxleaks", Juncker nel mirino
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Venerdì 7 Novembre 2014, 14:46 - Ultimo aggiornamento: 8 Novembre, 15:04

«Accordi segreti tra le autorità del Lussemburgo e trecento aziende in tutto il mondo, tra cui 31 in Italia, per spostare flussi finanziari enormi pagando tasse minime». È questo, in estrema sintesi, 'LuxLeaks', lo scandalo emerso da un'inchiesta giornalistica internazionale, pubblicata in 31 Paesi, che sta imbarazzando il neo presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, e con lui tante multinazionali, tra cui giganti come Amazon, Ikea, Deutsche Bank Procter & Gamble, Pepsi e Gazprom. Ma anche 31 società italiane, tra cui banche come Intesa San Paolo, Unicredit, Marche e Sella o aziende di Stato come Finmeccanica.

Juncker, che è stato primo ministro del Lussemburgo e ha guidato il granducato per 18 anni consecutivi, dal 1995 al 2013, ora è nel mirino.

Si è scoperto infatti che con raffinati e impenetrabili schemi autorizzati e basati in Lussemburgo molte multinazionali, ma anche ricchi di tutto il mondo, hanno ridotto a percentuali irrisorie le tasse sui loro profitti.

Spulciando le 28mila pagine di documenti riservati, i cronisti del International Consortium of Investigative Journalism (ICIJ) hanno offerto un quadro inquietante dei rapporti tra enormi multinazionali e le autorità del Granducato. Preoccupanti soprattutto perché non v'è traccia di alcun reato. L'elusione è avvenuta infatti in modo perfettamente legale e «in linea con le convenzioni internazionali», come afferma a scandalo scoppiato il ministero delle Finanze lussemburghese. Salvo poi aggiustare il tiro definendo «non accettabile che una data impresa possa avvalersi» degli accordi legali per «sottrarsi di fatto ad ogni imposizione».

A far emergere lo scandalo è stato il lavoro del Consorzio di giornalismo investigativo Icij, basato a Washington, con il contributo di oltre 80 reporter di una trentina di media, che ha messo nero su bianco il sistema. Alla base di tutto, 548 'ruling', accordi segreti conclusi in Lussemburgo da PriceWaterhouseCoopers (Pwc), una delle 'big four' mondiale della consulenza, per garantire la perfetta legalità di centinaia di costruzioni fiscali.

Si tratta, sintetizza L'Espresso, che ha avuto l'esclusiva per l'Italia dei documenti, di «un'emorragia di fondi, perfettamente legale, che sottrae risorse dall'economia del resto dell'Ue».

Malgrado l'imbarazzo, la Commissione parla di un «tipico caso di aiuti di Stato». La nuova Commissaria per la Concorrenza, Margrethe Vestager, spiega il portavoce di Juncker, «sta continuando il lavoro cominciato dal suo predecessore Almunia». E in effetti sono già quattro, e non solo in Lussemburgo, le inchieste aperte dalla Commissione sui 'tax ruling', i trattamenti fiscali predefiniti, applicati in modo non conforme alle norme sugli aiuti di Stato.

L'ex commissario alla concorrenza Joaquin Almunia nei mesi scorsi aveva già aperto due indagini sul Lussemburgo, una relativa ad Amazon e l'altra a Fiat Finance and Trade, una sull'Olanda per Starbucks, e una sull'Irlanda riguardante Apple. Nessuno discute infatti la pratica del tax ruling in sè, cioè uno «sforzo che gli Stati membri fanno per attirare gli investimenti delle imprese» - per esempio i tedeschi per l'automobile e i francesi per l'audiovisivo - ma se questi vengono usati in modo anticoncorrenziale, dando un vantaggio a un'azienda rispetto alle altre.

Juncker da presidente della nuova Commissione europea «dell'ultima chance» aveva detto di essere «un tipo che non trema davanti ai primi ministri». Ora però viene chiamato in Parlamento da socialisti e lib-dem, gli alleati dei popolari nella grande coalizione che guida il governo europeo, a garantire che lotterà contro l'elusione fiscale che il suo Paese ha promosso per decenni.

La sua «credibilità è in gioco», tuona il capogruppo dei socialisti, Gianni Pittella. E mentre Marine Le Pen ne chiede le dimissioni, il M5S parla di «scandalo» che è «prova dell'ennesima contraddizione di questa Ue» che «si fa guidare da un personaggio che ha avuto come scopo politico quello di far guadagnare il suo Paese sulle spalle degli altri partner europei».

Il nuovo portavoce della Commissione, il greco Margaritis Schinas, assicura che l'esecutivo tratterà la questione come un caso di «aiuti di stato». Quelli che solo nel 2013 hanno fatto aprire inchieste per una ventina di miliardi di valore: per l'auto in Germania, per il cinema in Francia e così via. Ed anche i soldi delle tasse, per la Commissione, sono una merce.

In gioco non reati ma scelte politiche. Sottolineate per lo più da sinistra: in tutta Europa i governi sono costretti a tagliare i bilanci, ridurre le pensioni, eliminare servizi pubblici e alzare le tasse, mentre centinaia di 'big player' riescono a pagare aliquote irrisorie di guadagni miliardari.

Il sottosegretario agli Affari europei, Sandro Gozi, definisce «inaccettabile» che continui la «concorrenza fiscale al ribasso» tra i paesi europei e chiede una «armonizzazione fiscale almeno nell'Eurozona».

Schinas sottolinea che uno dei punti centrali del programma di Juncker, ribadito tanto in campagna elettorale quanto davanti al Parlamento europeo prima di ottenere la fiducia a luglio, è appunto la lotta all'evasione, all'elusione e alla frode fiscale. E mentre garantisce che il lussemburghese «è sereno», assicura che il nuovo Commissario per la concorrenza, la liberale danese Margrethe Vestager, «andrà fino in fondo» nella sua inchiesta.