Rientro dei capitali, obiettivo 5 miliardi: il governo accelera sulla sanatoria

Rientro dei capitali, obiettivo 5 miliardi: il governo accelera sulla sanatoria
di Andrea Bassi
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Mercoledì 16 Luglio 2014, 00:23 - Ultimo aggiornamento: 17 Luglio, 10:42
ROMA - Il governo prova ad acellerare sul rientro dei capitali dall’estero.

L’obiettivo del ministero dell’economia, indicato ieri in un documento del dipartimento del Tesoro, è approvare le norme entro settembre. Lo scopo sarebbe raccogliere tra i 3 e i 5 miliardi grazie alla «voluntary disclosure», l’adesione volontaria alla sanatoria con il pagamento di tutte le tasse evase. Insomma, più dei 3 miliardi messi in conto da Enrico Letta i tempi del primo decreto. Molto si punta anche sull’emersione del nero in Italia. Ma sull’efficacia del provvedimento continuano ad esserci dubbi. L’ultimo caso esploso è quello degli stranieri. Le norme rischiano di provocare un esodo dei cittadini con doppio passaporto. Gli americani e gli inglesi, innanzitutto, che per anni hanno colonizzato la campagna toscana trasferendosi tra le colline del Chianti, regione ribattezzata non a caso Chiantishire. Molti di loro, ormai, hanno doppia cittadinanz e per questo rischiano di finire stritolati dal Fisco. «Se la norma sulla voluntary entra in vigore», dice Marco Maximilian Elser, banchiere d’affari americano da tempo residente in Italia, «è facile prevedere un esodo molto significativo degli stranieri più facoltosi, che alimentano l'economia, favorendo gli investimenti esteri in Italia, nonché i consumi italiani».



IL PASTICCIO

Qual è il problema? Molti di questi cittadini vivono in Italia grazie a rendite accumulate nei loro Paesi e spesso gestite attraverso dei trust di cui non sono gli unici beneficiari e sulle quali in America o in Inghilterra, hanno già pagato tutte le tasse. Le norme sul rientro dei capitali li sanzionano, anche penalmente, solo per non aver indicato nel quadro Rw della dichiarazione dei redditi italiana il fatto di possedere questi beni. Non solo. Per mettersi in regola saranno costretti a pagare una tassa del 27% su un rendimento «presunto» del 5% l’anno. E questo su tutto il patrimonio del trust, che può essere miliardario, anche se casomai è diviso tra centinaia di beneficiari. Un pasticcio, insomma. Pasticcio che avrebbe portato a scendere in campo l’ambasciata degli Stati Uniti che da sola avrebbe 20 mila cittadini in queste condizioni.



Nonostante l’inconveniente la voluntary prosegue spedita. Ma c’è anche un’altra incognita: il costo dell’operazione. Con l’ultimo scudo di Giulio Tremonti tornarono in Italia poco più di 100 miliardi e lo Stato incassò circa 5 miliardi. In quel caso c’era l’anomimato, non c’erano sanzioni penali e la «tassa» da scontare era il 5% del capitale rimpatriato. Con la voluntary si pagherà molto di più. Secondo i calcoli delllo studio tributario Loconte&Partners, se i capitali non sono frutto di evasione, il costo del rientro sarà pari al 10%. Se invece il rientro riguarderà proventi frutto di evasione fiscale, allora il prezzo da pagare, sarà molto elevato: l’88% dei capitali detenuti all’estero. Significa che se si hanno 10 milioni oltreconfine, per sanarli sarà necessario lasciare allo Stato 8,8 milioni. Si pagheranno infatti, tutte le tasse evase: l’Irpef e le addizionali (45%) più il sesto delle sanzioni (circa 7,5%) sui redditi non dichiarati; l’Irap (nell’ipotesi il 3,9%) e le relative sanzioni (0,65%); l’Iva (20%) e relative sanzioni (3,3%); le sanzioni sul quadro RW, Irpef e sanzioni sui redditi finanziari (che sono da stimare in base al numero degli anni, ma difficilmente inferiori al 5%); gli interessi (difficili da determinare analiticamente ma stimati per semplicità pari al 2,65% del totale). Insomma, un salasso. Ma secondo gli addetti ai lavori l’unico modo per mettersi al sicuro dal nuovo reato di autoriciclaggio che rischia di spalancare le porte del carcere a tutti coloro che non rimpatrieranno i soldi dai paradisi fiscali.

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