Geert Van Poelvoorde: «Grazie a noi l'Ilva tornerà a sfornare acciai di qualità»

Geert Van Poelvoorde: «Grazie a noi l'Ilva tornerà a sfornare acciai di qualità»
di Giusy Franzese
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Giovedì 23 Marzo 2017, 21:15 - Ultimo aggiornamento: 24 Marzo, 21:06
Si presenta con il trolley: «Il mio ufficio mobile» precisa. Da mesi Geert Van Poelvoorde, vice presidente e ceo Europa di ArcelorMittal, frequenta molto l'Italia. Il suo gruppo è a capo di una delle due cordate in gara per l'Ilva, l'Am Investco Italy, insieme con il gruppo Marcegaglia. Van Poelvoorde è certo che la loro offerta sia la migliore per l'Ilva. Lo sottolinea più volte. Tira fuori grafici, tabelle, una piantina dell'Europa costellata di tanti puntini rossi e verdi a indicare i loro stabilimenti, il tipo di produzione, l'incidenza dei costi di trasporto. Spiega l'enorme impegno di ArcelorMittal nella ricerca e nell'innovazione dei processi alla ricerca di soluzioni meno inquinanti possibili.

Domanda provocatoria: l'Ilva negli ultimi anni è finita nell'occhio di un ciclone giudiziario. Ci sono processi in corso e una fortissima attenzione mediatica. Voi siete il più grande produttore di acciaio nel mondo. Vale la pena invischiarsi in tutto questo?
«Vedere tutto quello che è accaduto all'Ilva fa male: è una delle migliori acciaierie in Europa. È davvero incredibile. Perché ci teniamo all'Ilva? Guardi questa piantina dell'Europa. I nostri stabilimenti, tra cluster e satelliti, sono concentrati nel Nord, in Spagna e in Europa orientale. Non abbiamo niente in Italia per quanto riguarda la produzione primaria. E l'Italia è il secondo paese più importante in Europa, dopo la Germania, per produzione di acciaio flat. L'Ilva è perfettamente complementare con la nostra organizzazione. Pensiamo ad esempio ai costi di trasporto».

In che senso?
«Attualmente il costo di trasporto dell'acciaio da Anversa in Messico è minore rispetto al costo di trasporto dal Nord Europa in Italia. In questo ultimo caso è così alto che annulla completamente il guadagno. Ecco perché lo stabilimento di Taranto è così importante per noi. Naturalmente, dato che l'Ilva da un po' di anni non è più in grado di garantire prodotti di alta gamma, dobbiamo investire per migliorare la qualità del prodotto».

I maligni dicono: comperano l'Ilva per evitare che arrivino altri competitors pericolosi sul mercato europeo, non per rilanciarla. Cosa risponde?
«Non è così. Ribadisco: con i nostri investimenti Ilva può diventare complementare al nostro schema. È nostro interesse rilanciarla e valorizzarla».

Della vostra offerta si conosce il livello di investimenti previsti, ma non si sa nulla sul prezzo e i livelli occupazionali. Partiamo dal primo: indiscrezioni parlano di 1,6 miliardi di euro. Conferma?
«Non posso rivelare nulla su questo punto: rischieremmo l'esclusione dalla gara».

E sull'occupazione? Possiamo dire ai 3.300 operai in cigs che con il vostro piano industriale hanno qualche possibilità di essere riassorbiti?
«I commissari straordinari ci hanno chiesto di non parlare di questo aspetto fino a che non ci sarà l'incontro con i sindacati, previsto tra non molto. Però posso osservare una cosa: qual è la migliore garanzia per l'occupazione? Noi vogliamo posizionare lo stabilimento di Taranto sull'alta gamma con i massimi livelli di capacità produttiva. Questo garantirà che tutti i reparti lavoreranno al 100%. Allo stesso tempo è ovvio che lo stabilimento di Taranto dovrà avere la stessa produttività delle altre fabbriche ArcelorMittal in Europa».

In questo schema 12.000 dipendenti a regime sono troppi?
«Ne parleremo con i sindacati».

Manterrete il centro direzionale in Italia?
«La testa dello stabilimento di Taranto sarà a Taranto, con i suoi top manager, dal ceo e i relativi team, i tecnici, il centro acquisti, un nuovo centro di ricerca e sviluppo, ecc. A Milano probabilmente ci sarà l'ufficio vendite».

L'Antitrust europeo vigila e ha già convocato le due cordate. Una vostra nota sottolinea come anche con l'Ilva la produzione in Europa resterebbe molto al di sotto del 40%. Cosa dice invece sulla capacità totale installata e quindi potenziale?
«I nostri stabilimenti lavorano praticamente tutti a pieno regime. E abbiamo una quota di mercato in Europa del 25-26%. Anche con l'Ilva a 8/9 milioni di tonnellate passeremmo al 30%».

Volete rimettere in funzione l'Afo5, il più grande altoforno europeo, attualmente fermo per adeguamento alle prescrizioni Aia. Quando prevedete la prima tonnellata?
«La prima fase del nostro piano prevede una produzione di 6 milioni di tonnellate, più 4 milioni di lastre e coils dall'esterno. Per legge non possiamo andare oltre le 6 tonnellate fin quando non è completato il piano di ambientalizzazione. Cosa che richiederà anni. Nella seconda fase, la produzione interna salirà a 8 milioni di tonnellate e quella esterna scenderà a 2, ma avremo bisogno dell'autorizzazione: è questo il momento in cui entrerà in funzione l'Afo5».

Una data presunta?
«Posso solo dire che difficilmente sarà il 2020, ma nemmeno bisognerà aspettare al 2025».

Il governatore della Puglia, Michele Emiliano, è uno dei più grandi sostenitori della decarbonizzazione. E per questo motivo non fa mistero di tifare per l'altra cordata. Perché voi invece scegliete un'altra strada?
«La nostra offerta ha un minore impatto ambientale in termini di emissione di Co2 rispetto a quella dell'altra cordata. Investiamo ogni anno 250 milioni di euro in ricerca e sviluppo. Abbiamo avviato una serie di progetti pilota che riducono enormemente le emissioni di Co2. Quando rimetteremo in funzione l'Afo5 probabilmente qualcuno di questi sarà operativo. Anche l'altra cordata prevede una produzione base di 6 milioni di tonnellate a carbone. Ho chiesto un appuntamento a mister Emiliano per spiegargli personalmente le nostre tecnologie».

Am Investco ha richiesto accesso al finanziamento pubblico fino a 300 milioni di euro per il piano ambientale previsto dalla procedura?
«La prima parte dell'ambientalizzazione, la più piccola, riguarda l'eredità del passato: i trecento milioni servono per questo. Ma la parte più corposa, il progetto ambientale vero e proprio, sarà interamente finanziato da noi. Non chiederemo prestiti, abbiamo una grande liquidità a disposizione».
 
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