La Fed alza i tassi: 4 rialzi nel 2018. Ora tocca a Draghi

La Fed alza i tassi: 4 rialzi nel 2018. Ora tocca a Draghi
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Mercoledì 13 Giugno 2018, 20:15 - Ultimo aggiornamento: 23:17
La Federal reserve americana alza di nuovo i tassi di interesse di un quarto di punto e segnala due ulteriori aumenti del costo del denaro nel 2018 sulla scia di un'economia che cresce «solida», di un mercato del lavoro «forte» e di un'inflazione in aumento. La previsione di quattro aumenti complessivi quest'anno, invece dei tre stimati, gela Wall Street che, sentendo tradite le sue attese, chiude in negativo in attesa anche di Mario Draghi che potrebbe annunciare, domani, giovedì, da Riga, la tempistica per la fine del quantitative easing della Bce.

L'economia americana «sta facendo molto bene. L'aumento dei tassi deciso segnala che è in grande forma» afferma Powell illustrando la decisione della Fed di rialzare i tassi di un quarto di punto in una forchetta fra l'1,75% e il 2,00%. Si tratta della seconda stretta dell'era Jerome Powell e della settima dal 2015, quando la banca centrale americana ha iniziato il ciclo di rialzi dopo la crisi finanziaria. Annunciando una svolta in termini di trasparenza, con conferenze stampa dopo ogni riunione, Powell si impegna ad andare avanti con «aumenti graduali dei tassi» perchè rialzi «troppo veloci o troppo lenti» possono essere dannosi.

La «politica monetaria resta accomodante» rassicura il presidente della Fed dopo che la banca centrale ha rivisto al
rialzo, da tre a quattro, il numero di rialzi stimati per il 2018. Per il 2019 la Fed stima ulteriori tre aumenti dei tassi.
Il comunicato diffuso al termine della due giorni di riunione si presenta decisamente più stringato del passato, con la banca centrale che ha rimosso ogni riferimento alle rassicurazioni su tassi bassi per un periodo prolungato e a un attento monitoraggio sull'inflazione. La decisione unanime di alzare il costo del denaro è legata a un'economia americana forte, che cresce quest'anno del 2,8% con il taglio delle tasse da 1.500 miliardi di dollari di Donald Trump che sostiene la domanda e - secondo le stime di Powell - continuerà a farlo per tre anni. «I rischi sulle prospettive economiche sono bilanciati» dice Powell, riferendosi alle tensioni commerciali come «solo un rischio per ora» visto che non appare ancora evidente un loro effetto sui numeri.

Contribuisce al quadro positivo dell'economia americana anche un mercato del lavoro robusto, con un tasso di disoccupazione che la Fed stima quest'anno al 3,6%, in ulteriore calo rispetto al 3,8% previsto in marzo. Sul fronte dell'inflazione si assiste a un recupero, con i prezzi stimati sopra al 2% nel 2018 e nel 2019. «Restiamo impegnati a un target di inflazione del 2%» aggiunge il presidente della Fed, mettendo in evidenza l'importanza di mantenere ancorate le aspettative sui prezzi.

La stretta della Fed arriva alla vigilia della Bce che si riunisce a Riga per il consueto appuntamento annuale fuori
dall'Eurotower. Padrone di casa è la banca centrale lettone, il cui governatore Ilmars Rimsevic, travolto dalle accuse di uno scandalo finanziario, non voterà nè incontrerà Draghi. Gli economisti sono divisi se aspettarsi già domani che la Bce formalizzi l'uscita dal Qe, indicando un probabile ridimensionamento a ottobre-dicembre dagli attuali 30 miliardi di dollari di titoli acquistati al mese per poi azzerare da gennaio in poi, o se l'annuncio formale arriverà a luglio. Sembra probabile, in ogni caso, che Draghi dia almeno un'indicazione di massima sulla exit strategy dal Qe, preparando gli investitori all'eventuale 'calendariò che arriverebbe a luglio.
 
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