Evasione: multe e sanzioni, persi 20 miliardi

Evasione: multe e sanzioni, persi 20 miliardi
di Andrea Bassi
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Giovedì 6 Luglio 2017, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 7 Luglio, 08:31
 Il “vizio” non ce l’hanno soltanto i sindaci. Più di una volta le cronache hanno raccontato di bilanci dei Comuni tenuti in piedi anche grazie ai milioni di euro delle multe comminate agli automobilisti che poi, però, alla fine spesso non sono state riscosse.

Un’abitudine più volte censurata dalla Corte dei Conti. Stavolta però, la stoccata dei magistrati contabili non ha riguardato i conti di un Comune più o meno grande, ma direttamente il bilancio dello Stato. In un capitolo in cui il nome è già tutto un programma, «attendibilità delle scritture contabili», pubblicato in uno dei due tomi che compongono la parificazione del bilancio pubblico effettuata ogni anno dalla Corte dei Conti, c’è una tabella nella quale vengono messi uno dietro l’altro tutti i “crediti” per entrate extratributarie, ossia che non riguardano le tasse, e che sono iscritti nei conti dello Stato.

Le cifre di questi crediti non riscossi sono quasi tutte a nove zeri. A cominciare dal «capitolo 2302», quello nel quale finiscono le somme per «oblazioni e condanne alle pene pecuniarie per contravvenzioni alle norme per la tutela delle strade e per la circolazione». Semplificando, le multe. 

IL MECCANISMO
Si, perché una parte delle contravvenzioni finisce anche nei conti pubblici. Quando ad elevarla è un vigile urbano, i soldi vanno nelle casse del Comune. Quando invece a fare la multa è la polizia stradale, i carabinieri o anche la guardia di finanza, allora ad incassare è direttamente il Tesoro. Ebbene, secondo quanto rilevato dalla Corte dei conti, alla fine del 2016 nel bilancio dello Stato ci sono 6,62 miliardi di euro di multe già elevate ma ancora da riscuotere. Una massa di soldi che si è iniziata ad accumulare nei conti pubblici dal 2002, anno in cui le sanzioni stradali da riscuotere erano di “soli” 1,7 miliardi di euro.

Probabile che una parte di queste somme, possa essere stata recuperata negli ultimi mesi attraverso l’operazione di rottamazione delle cartelle Equitalia che si è conclusa lo scorso aprile, e i cui dati definitivi non sono ancora disponibili. Quello delle multe, tuttavia, non è l’unico capitolo iscritto nel bilancio dello Stato sul quale ci sono vecchi crediti ancora da riscuotere. Ce n’è un altro, il numero «2301», sul quale ci sono quasi 13 miliardi di euro di somme non ancora incassate. Si tratta di sanzioni e ammende inflitte dall’autorità giudiziaria e da quella amministrativa che non hanno natura tributaria. Un capitolo nel quale, per esempio, finiscono anche le pene pecuniarie comminate dai giudici che, a differenza delle multe stradali, sono state escluse dalla rottamazione. Insomma, da soli, in questi due capitoli, ci sono 20 miliardi di euro che lo Stato non ha mai riscosso e che difficilmente riuscirà a recuperare totalmente. 

Secondo l’elaborazione della Corte dei Conti, il tasso di recupero delle entrate extra-tributarie, è del 4,4%. Significa che ogni cento euro lo Stato ne riesce a recuperare solo 4,4. Una sorta di “non performing loans”, di crediti in sofferenza, come quelli dei bilanci delle banche, ma con un tasso di recupero decisamente minore di quello degli istituti di credito. Eppure il Tesoro e le altre amministrazioni titolari di questi crediti, si dicono sicure di riuscire a ottenere dai debitori, seppure con ritardo, tutto il dovuto. Un’affermazione, secondo i magistrati contabili, difficilmente spiegabile. 

IL MAGAZZINO DEL FISCO
Anche perché, multe e sanzioni amministrative a parte, sono molte le voci delle entrate extratributarie con somme ingenti rimaste da riscuotere. Ci sono 1,9 miliardi di spese di giustizia, 1,3 miliardi di recuperi per infrazioni delle norme comunitarie, altri 1,2 miliardi delle stesse sentenze di condanna della Corte dei Conti. Chi invece, da ormai diversi anni, effettua una svalutazione dei crediti rimasti nel “magazzino”, è l’Agenzia delle Entrate per le tasse accertate ma che non sono state riscosse.

Un abbattimento del valore, ricorda la Corte dei Conti, che nel 2016 è stato del 95%. Il punto di partenza è una cifra monstre di 852 miliardi di tasse evase dal 2000 al 2016. A queste, però, vanno subito sottratti 185 miliardi di sgravi «per indebito», ossia contestazioni sbagliate da parte del fisco. Altri 126 miliardi che non possono essere incassati perché chi doveva pagare è fallito, altri 70 miliardi perché il contribuente è deceduto, altri 80 miliardi perché è nullatenente, altri 270 miliardi circa, perché le azioni esecutive tentate non hanno dato risultato. Poi ci sono 15 miliardi sospesi per i programmi di rateazione e, infine, 39 miliardi sono stati riscossi. Quello che in effetti rimane in bilancio, insomma, sono 48 miliardi circa.

Quanto “presumibilmente” sarà incassato di tutta questa montagna di soldi, alla fine, sono 29 miliardi circa, il 5% del totale. Molto più realistico del 100% che si pensa di recuperare da multe e sanzioni non versate da quasi un ventennio. 
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