Da Eni a Shell, la spending review dell'oro nero

Da Eni a Shell, la spending review dell'oro nero
di Francesco Bisozzi
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Venerdì 30 Gennaio 2015, 12:08 - Ultimo aggiornamento: 24 Febbraio, 16:09
Ha preso ufficialmente il via la spending review dell'oro nero. Dopo l'anglo-olandese Royal Dutch Shell, anche Eni si prepara a tagliare i costi per far fronte alla congiuntura energetica. Shell, prima major a pubblicare dati dopo il crollo del petrolio, il cui utile nell'ultimo trimestre (3,3 miliardi di dollari) si è rivelato inferiore alle attese (seppur superiore ai 2,9 miliardi di dollari registrati l'anno precedente), ha annunciato tagli per 15 miliardi agli investimenti tra il 2015 e il 2017 (annullati 40 progetti). Eni si appresta a seguire la stessa strada. Questa settimana, in un'audizione alla Camera, l'ad Claudio Desclazi al riguardo è stato cristallino. «L’ industria sta riducendo gli investimenti in un range tra il 10 e il 15 per cento», ha detto Descalzi, «anche noi seguiremo questo trend».



I conti tornano: in un recente report pubblicato da Goldman Sachs gli analisti della banca d'affari stimavano che le major petrolifere avrebbero dovuto abbattere i costi del 20 per cento al fine di compensare i mancati introiti dovuti al crollo del prezzo dell'oro nero. Eni presenterà il prossimo 13 marzo a Londra il piano strategico triennale. Solo allora si conoscerà l'esatto ammontare dei tagli a cui Claudio Descalzi sta lavorando. «Se il prezzo del greggio rimane questo si abbatteranno gli investimenti anche l'anno prossimo, col rischio che tra 5 o 6 anni vengano a mancare molti barili e che i prezzi tornino alti», ha sottolineato l'ad durante l'audizione in commissione Attività produttive a Montecitorio.



Il breakeven della compagnia si aggira intorno ai 45 dollari al barile, ma per Descalzi Eni ha bisogno di prezzi intorno ai 50 dollari al barile per produrre utili. Secondo l'amministratore delegato del colosso energetico il petrolio potrebbe arrivare a sfiorare quest'anno i sessanta dollari, mentre l'anno prossimo prevede che il prezzo salirà fino a toccare quota settanta dollari. Nel giro di cinque anni il taglio agli investimenti da parte delle major e la minore produzione di barili, sempre stando ai calcoli dell'ad, potrebbe riportare l'oro nero sui novanta dollari (la scorsa estate aveva quasi raggiunto i 120 dollari al barile).



Ma come mai il petrolio adesso come adesso non riesce a tornare stabilmente sopra i 50 dollari? In commissione Claudio Desclazi ha riferito che in Borsa tutte le posizioni lunghe sono state sostituite da posizioni corte, non avendo l’Opec dato prospettive temporali, e così hanno trovato spazio le speculazioni. Ciò ha portato a un continuo rimbalzo speculativo tra i 48 e il tetto dei 50 dollari. «I movimenti finanziari sulla commodity in questo momento hanno un peso notevole», ha concluso l'ad.
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