Draghi a Berlino, la Cancelliera: «No a un'eurozona a più velocità»

Draghi a Berlino, la Cancelliera: «No a un'eurozona a più velocità»
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Venerdì 10 Febbraio 2017, 02:23 - Ultimo aggiornamento: 11 Febbraio, 12:28
L'incontro con Mario Draghi avviene anche oggi a porte blindate, non c'era neppure il portavoce della cancelliera. Angela Merkel, però, qualche ora dopo, tiene a chiarire quello che lei stessa non ha difficoltà a definire «un equivoco» che risale ai giorni scorsi. La cancelliera non punta ad avere una eurozona a diverse velocità. Il colloquio col presidente della Bce, oggi in cancelleria, deve esser servito a questo chiarimento. Anche se della conversazione, come sempre più che riservata, non trapela nulla.

«È sempre molto interessante parlare con il presidente della Bce», ha detto tagliando corto in una conferenza stampa sui profughi, in serata. Il confronto si tiene nel giorno in cui si apprende che la Germania ha segnato un nuovo record del suo surplus commerciale nel 2016, a 253 miliardi. «Voglio chiarire un equivoco», ha detto la cancelliera sull'Ue. «io non sono interessata a che nell'eurozona vi siano di nuovo diverse velocità. L'eurozona deve rimanere nel suo complesso insieme. Quello che viene deciso da tutti gli stati della moneta unica deve essere sostenuto: come per esempio l'Esm o altre cose». Merkel ha quindi ripetuto che nell'Ue il meccanismo di cooperazione rafforzata esista già: «A tutti deve essere fatta una offerta. Non può accadere che in tre decidano una cosa, e gli altri non possano partecipare».

Di incontri con Draghi in cancelleria a Berlino se ne ricordano tanti: non è certo nuovo lo «scambio di idee sull'eurozona», assolutamente «confidenziale». Particolare è però il momento. Sul tavolo ci saranno stati temi decisamente sensibili, anche se oggi la giornata ha visto un rialzo delle borse e, per quel che riguarda l'Italia, un calo dello spread, che ha chiuso a 185 punti. La politica monetaria, i populismi, le sorti del progetto europeo, la nuova politica transatlantica lasciano la tensione altissima. Rassicurante e solo la voce di Wolfgang Schaeuble, che in una intervista in tv ha detto: se pure vincesse la Le Pen l'Europa «non sarebbe morta», «l'eurozona nella sua forma attuale vivrebbe una crisi esistenziale», ma il progetto «andrebbe avanti».

Sulla politica monetaria, lo stesso ministro delle finanze ha detto 15 giorni fa che auspicherebbe un «ingresso nell'uscita» dalla politica espansiva.
Per i tedeschi prima accadrà meglio sarà, visto il clima elettorale infuocato, e lo spauracchio dei populisti. Si sa che la ripresa dell'inflazione e i tassi bassi logorano la pazienza dei tedeschi. Proprio ieri, però, un inedito Jens Weidmann ha fornito una sponda a Draghi, sottolineando che i risparmiatori tedeschi traggono anche benefici dai tassi bassi e che la politica espansiva non può esser frenata di colpo. A Berlino si tiene conto del fatto che la situazione politica in altri paesi vicini è anche più drammatica: di fronte alle urne francesi e eventualmente a quelle italiane, le decisioni della Bce devono esser ponderate, tenendo conto di tutti. Sul fronte aperto con gli Usa, la deregulation finanziaria dell'amministrazione Trump non piace né a Draghi né al governo tedesco, ed è plausibile che si tenterà di costruire un asse nell'eurozona, per spingere su questo tema nell'ambito del G20.
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