Conti pubblici, Italia virtuosa con il debito in calo costante

Conti pubblici, Italia virtuosa con il debito in calo costante
di Marco Fortis
4 Minuti di Lettura
Lunedì 1 Febbraio 2016, 07:55
Persino in una ipotetica combinazione di diversi possibili shock negativi (su crescita economica, tassi di interesse, bilancio primario), ci sono soltanto 11 probabilità su 100 che il debito pubblico italiano nel 2020 possa essere più alto del livello registrato nel 2015: il secondo miglior risultato nella UE dopo quello della Germania con appena il 3 per cento di probabilità. Mentre le probabilità salgono al 38 per cento per la Spagna, al 41 per cento per la Gran Bretagna e al 47 per cento per la Francia. Lo scrive la Commissione europea nel suo ultimo «Rapporto sulla sostenibilità fiscale 2015».

FALSE NOTIZIE
Ma come? La Ue non ci aveva forse bacchettato sul debito pubblico qualche giorno fa? Assolutamente no.
Si è trattato della ennesima «non notizia» rimbalzata sui media italiani. Come quella di inizio 2016 quando fu attribuito all'Eurostat l'intendimento di volerci bacchettare sul ritardo della nostra ripresa economica e occupazionale rispetto agli altri Paesi europei: cosa chiaramente impossibile visto che l'Eurostat in quei giorni era addirittura chiuso per le ferie natalizie. Si trattò di un equivoco forzato, giocato su una libera interpretazione di alcune elaborazioni statistiche di un rapporto interno del nostro Ministero dello sviluppo economico senza alcuna valenza specifica.

 

PESO LEGGERO
Stavolta la «non notizia» è invece che il debito pubblico italiano sarebbe a rischio nel medio termine. In effetti, nel Rapporto della Commissione europea il nostro debito è inserito nella categoria «rischio alto», secondo le simulazioni degli economisti di Bruxelles che riguardano il periodo 2017-2026. Ma si tratta di una annotazione puramente «tecnica» e non politica, senza alcun particolare riferimento al nostro Paese.
Tant'è che anche il debito pubblico di altre 10 nazioni europee, tra cui tutte le principali ad esclusione della Germania, è stato catalogato, per ciò che riguarda il medio termine, nella categoria ad «alto rischio».
LE DIVERSITA'

E' il caso di Belgio, Irlanda, Spagna, Francia, Croazia, Portogallo, Romania, Slovenia, Finlandia e Gran Bretagna. E, a riprova di questa ennesima «non notizia» italiana a cui ci troviamo di fronte, la stampa di tutti questi altri Paesi non ha scritto una sola riga su questo argomento. E' appena il caso di aggiungere che se questo esercizio di simulazione fosse stato eseguito dagli economisti della Ue con le medesime modalità statistiche anche per gli Stati Uniti e il Giappone, pure i debiti pubblici di questi due Paesi con ogni probabilità sarebbero stati catalogati ad «alto rischio» nel medio termine.

PORTO SICURO
Si consideri inoltre che nel breve termine, cioè nel 2016-2017, il debito pubblico italiano è giudicato a «basso rischio» dal Rapporto della Commissione europea; idem per ciò che riguarda il lungo termine, cioè le proiezioni fino al 2030. Anzi, se proprio si voleva scovare a tutti costi una notizia, in questo caso positiva (ma forse proprio per questo non interessante), è quella che i tecnici della Commissione hanno addirittura attribuito al debito pubblico italiano il rango di debito meno pericoloso in assoluto nel lungo termine rispetto a tutti gli altri Paesi europei.

LE DINAMICHE
Più in dettaglio, senza entrare qui in complessità tecniche, il Rapporto di Bruxelles mette in evidenza alcune possibili dinamiche del debito dei Paesi europei (Grecia e Cipro escluse) che possiamo così sintetizzare.
Breve termine (2016-17): nessun Paese europeo presenta rischi a breve sul debito pubblico. Tantomeno l'Italia, che ha un indice di rischiosità complessiva in linea con la Spagna, di poco superiore a Francia e Olanda e inferiore a Danimarca, Finlandia e Gran Bretagna.
Medio termine (2017-2026): nel 2017 il rapporto debito/Pil dell'Italia sarà sceso dal 133 per cento del 2015 a quota 130 per cento. Da quel momento in poi, nello scenario di base che prevede politiche fiscali invariate, 15 Paesi aderenti alla Ue ridurranno il loro rapporto debito/Pil entro il 2026. Tra questi l'Italia, che farà registrare la riduzione più forte del debito tra tutte le nazioni europee, meglio della stessa Germania.

LA FLESSIONE
Il nostro debito scenderà infatti di quasi 20 punti di PIL al 110,1 per cento nel 2026. Condizione essenziale per il raggiungimento di questo obiettivo è che l'Italia sappia mantenere un avanzo primario strutturale dello Stato pari al 2,5 per cento del Pil.

La scorsa settimana, in occasione del question time alla Camera dei deputati, il ministro dell'Economia Piercarlo Padoan ha fatto notare come questo «non sia un evento particolarmente sfidante», considerato che l'andamento medio del surplus strutturale primario italiano è stato ultimamente del 2,4 per cento. «Anche negli scenari più pessimistici» - ha spiegato il ministro Padoan - il rapporto debito/PIL è stimato in discesa, persino nel caso di uno shock sulla crescita del PIL che assuma come ipotesi una riduzione permanente del tasso di crescita di 0,5 punti percentuali all'anno».

LA CERTEZZA
Lungo termine (proiezioni al 2030). Mantenendo un avanzo statale primario strutturale costante pari al 2,5 per cento del PIL, nel lungo termine l'Italia presenta il debito pubblico più sostenibile in Europa. Ciò grazie alle riforme pensionistiche avviate e ai costi relativamente limitati per la salute e l'invecchiamento della popolazione.

IL FISCO
Infine, il Rapporto della Commissione europea, prendendo in esame vari fattori rilevanti di sostenibilità fiscale dei bilanci, sottolinea anche un ulteriore aspetto positivo, che va a tutto merito dell'Italia, su cui abbiamo più volte richiamato l'attenzione sulle colonne di questo giornale. E cioè la capacità da parte degli Stati di produrre costantemente nel tempo rilevanti avanzi primari.

Per ciò che riguarda il bilancio primario strutturale, il Rapporto evidenza che dal 1980 al 2015 l'Italia è stata una delle sole 6 nazioni dell'UE (con Danimarca, Svezia, Finlandia, Irlanda e Lussemburgo) capaci di generare un surplus superiore all'1 per cento del PIL per più di 20 anni. Ma l'Italia, in particolare, è stata l'unica nazione che sia stata in grado di farlo consecutivamente dal 2007 al 2015.