Intervista all'ad di Equitalia: «Cartelle già rateizzate, così il fisco non fa paura»

Intervista all'ad di Equitalia: «Cartelle già rateizzate, così il fisco non fa paura»
di Luca Cifoni
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Domenica 1 Maggio 2016, 09:04 - Ultimo aggiornamento: 2 Maggio, 18:55
«Fino a dieci mesi fa facevo l'avvocato tributarista, quindi il punto di vista del contribuente penso di capirlo bene». Ora invece Ernesto Maria Ruffini fa l'amministratore delegato di Equitalia e quel punto di vista prova a portarlo dentro la complessa macchina della riscossione. Che sta cambiando sotto il profilo societario e non solo. «Dal primo luglio scompaiono le tre società Equitalia Nord, Centro e Sud e nasce Equitalia Servizi riscossione che opererà su tutto il territorio nazionale. In termini calcistici dalla marcatura a uomo passiamo a quella a zona, così disperdiamo meno energie e rendiamo un miglior servizio».

Risparmierete qualcosa?
«Sì, perché da tre consigli di amministrazione, collegi sindacali, organismi di vigilanza si passa ad uno solo. In tutto sono 300 mila euro l'anno di spese in meno».

Ci saranno altri cambiamenti? In passato si era parlato di portare Equitalia dentro l'azionista, l'Agenzia delle Entrate.
«Gli assetti possibili sono tanti ma parlarne non è compito mio. Spetta al legislatore».

Però lei potrebbe provare a spiegare un dato che colpisce. Perché alla fine le somme riscosse valgono meno del 10 per cento di quelle accertate?
«Dal momento della produzione della ricchezza a quello dell'incasso passa molto tempo: il contribuente fa la dichiarazione, l'Agenzia delle Entrate ha alcuni anni per accertare presunte evasioni e poi l'interessato può impugnare il provvedimento. Solo dopo tre gradi di giudizio tributario il debito si cristallizza e arriva a Equitalia. Possono passare anche dieci anni. È chiaro che il reddito di un decennio prima difficilmente è rimasto lo stesso. Dentro le centinaia di miliardi di euro non riscossi di cui a volte si parla ci sono società nel frattempo fallite, contribuenti deceduti e così via. Per questo c'è bisogno di più efficienza».

Nelle somme che riscuotete ci sono sempre più importi pagati a rate dai contribuenti.
«È vero. Lo scorso anno su 8,2 miliardi riscossi circa 4 vengono da rateizzazioni. È una scommessa fatta dai governi e dal Parlamento, e direi che è stata vinta. Il cittadino ha la percezione di potersi mettere in regola e nella maggior parte dei casi lo fa. Questo approccio è giustamente diventato strutturale grazie alle norme approvate lo scorso ottobre. Noi però vogliamo fare qualcosa di più».

Ad esempio?
«Per le cartelle di pagamento entro i 50 mila euro inseriremo direttamente nella comunicazione la proposta di rateizzazione, con rate che possono scendere fino a 50 euro al mese. È un sistema in sperimentazione a Varese, Firenze e Lecce, che presto estenderemo: i contribuenti gradiscono, i fogli tornano indietro sottoscritti. Non fa mai piacere ricevere una cartella ma vedere subito che si può pagare gradualmente spinge a togliersi il pensiero. Nella stessa logica, i contribuenti possono fare la domiciliazione bancaria. Sembra una sciocchezza, ma a volte si saltano le rate per dimenticanza».

Ancora prima di pagare ci sono altre cose che disturbano il contribuente. Le cartelle che bisogna recuperare in Comune o alle Poste, quelle che gli sembrano sbagliate...
«In passato, anche la scorsa estate, ci sono state delle situazioni insostenibili, file al rientro dalle vacanze. Anche per questo abbiamo deciso di non inviare cartelle nella settimana di Ferragosto o durante le vacanze di Natale, salvo quelle in scadenza. Ora c'è un'ulteriore novità, introdotta dal governo Renzi. Da giugno le partite Iva e gli altri soggetti obbligati ad avere la Pec, la posta elettronica certificata, riceveranno le notifiche solo per questa via, e la stessa scelta la potranno fare le persone fisiche che non vogliono più avere i fastidi del sistema tradizionale. Quanto ai possibili errori, essendo Equitalia l'ultimo anello della catena è decisivo l'allineamento tra le banche dati della pubblica amministrazione. Con il direttore dell'Agenzia delle Entrate Rossella Orlandi così come col presidente dell'Inps, Boeri, vi è piena sintonia e le strutture sono a buon punto di coordinamento, possiamo sapere a che titolo viene fatta una richiesta al cittadino. Con i Comuni è più difficile».

A proposito, il 30 giugno scade l'ennesima proroga, se non sarà rinnovata i Comuni non potranno più servirsi di Equitalia. Lei cosa si augura?
«Non mi auguro nulla. Mi limito ad osservare che gli operatori privati che svolgono anche liquidazione e accertamento per gli enti locali applicano un aggio del 15-20 per cento, mentre per la sola riscossione siamo tra l'8 e il 15. Noi non abbiamo più l'aggio, ma un compenso legato al costo di gestione, sceso al 6 per cento».

Equitalia non è stata molto popolare in passato, ma questo è solo un pezzo del complicato rapporto tra cittadino e fisco. Vede spazi di miglioramento?
«Il 2016 deve essere l'anno della maturità per Equitalia e quindi della fiducia piena con i contribuenti. Ce la stiamo mettendo tutta, anche se sono consapevole che per una società di riscossione è difficile risultare simpatica. In generale, direi che è importante far cambiare la percezione del fisco, far capire che non è un'entità da temere. Perciò è culturalmente opportuno - e il recente indirizzo dell'Agenzia delle Entrate va in questa direzione - che il fisco distingua tra chi commette un errore e chi di proposito evade. Per tornare al calcio, un conto è il fallo di mano volontario che l'arbitro deve fischiare, un altro la palla che rimbalza involontariamente sulla mano, per cui invece lascia correre».