Bce pronta allo scudo anti-referendum Borsa su e spread a picco di 20 punti

Bce pronta allo scudo anti-referendum Borsa su e spread a picco di 20 punti
di Roberta Amoruso
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Mercoledì 30 Novembre 2016, 08:24

ROMA Chi l'ha detto che l'effetto Bce non funziona più come prima sui mercati? Forse sarà vero per le ultime dichiarazioni, di per sé molto neutre, di Mario Draghi. Ma ieri è l'effetto-Bce ha funzionato eccome. Per rianimare lo spread tra Btp e Bund è bastato che certe fonti riferissero all'agenzia Reuters che la Bce sta preparando lo scudo-referendum, cioè una manciata di acquisti extra di titoli di Stato italiani capace di neutralizzare o quantomeno attutire le eventuali reazione di una vittoria del No al referendum costituzionale. Il differenziale tra Roma e Berlino, il termometro per eccellenza del premio per il rischio pagato dall'Italia, è precipitato di colpo di oltre 20 punti. Dal picco di 193 punti toccato a fine mattinata lo spread è sprofondato fino a chiudere a quota 172 proprio sulle indiscrezioni dell'extra scudo Bce.

Sospiro di sollievo anche per i rendimenti dei Btp decennali (dal 2,06% all'1,94%) ma soprattutto per le Borse, con Milano nettamente la migliore in Europa (+2,1%). Segno che il mercato già scontava il peggio, cioè la bocciatura del referendum, e ieri ha dato prova del riscatto possibile con la copertura Bce.

In realtà, l'ipotesi rilanciata da Reuters non trova conferme a Francoforte, ma il mercato ci crede. E questo perché, mentre la speculazione cavalca da settimane i timori del mercato per una vittoria del No al referendum, da giorni sul mercato e tra i report delle banche d'affari è comparso un certo cauto ottimismo su quello che sarà il day-after del referendum del 4 dicembre. Comunque vada a finire, dicono da giorni gli esperti, l'effetto instabilità sui mercati durerà poco, forse poche ore. E non è un caso tanta fiducia nonostante i sondaggi suggerirebbero un altro. Ad alleviare i timori è anche l'aspettativa per l'appuntamento con la riunione Bce dell'8 dicembre. Un appuntamento che offre a Francoforte un'opportunità in più per dosare a caldo gli interventi. Compreso un'azione temporanea sui titoli italiani.

Certo, spiegano le stesse fonti anonime citate dall'agenzia, si tratterebbe di un intervento limitato a giorni o settimane, ben distinto dal programma classico di Qe che nasce per difendere l'inflazione. Tanto che se l'Italia necessitasse di un sostegno più a lungo termine, dovrebbe attivare formalmente un programma di aiuto, passando per il meccanismo europeo Esm. Ipotesi assai improbabile. Anche se il ministro dell'economia, Pier Carlo Padoan, non ha nascosto ieri la sua «preoccupazione per l'interruzione della politica di riforma in caso di esito negativo del voto sul referendum».

LE IPOTESI
No comment, si è limitata a commentare Francoforte. Ma per stare all'ufficialità, è già noto che la Bce ha già messo in cantiere un potenziamento degli acquisti da ieri al 21 dicembre. Una decisione annunciata nei giorni scorsi per compensare lo stop degli interventi fra il 22 e il 30 dicembre, in coincidenza con le festività e la minore liquidità dei mercati. In questa cornice si potrebbero teoricamente inserire gli interventi potenziati, sempre possibili in particolari condizioni. Infatti, come si legge sullo stesso sito della Bce, se le «quote nazionali negli acquisti sono rigidamente fissate nel complesso del programma, il rispetto di questa quota su base mensile non è obbligatorio». Anzi. «Per assicurare l'efficace attuazione del programma» è concessa «una certa flessibilità». La stessa, insomma, che permetterebbe - in teoria almeno fino a Natale - alla Bce di accelerare gli interventi e tranquillizzare così lo scenario post-referendum.

Anche perché, come dice un report di Ing una vittoria del Sì potrebbe riportare lo spread almeno a quota 140 punti, con le banche in recupero del 20%. Ma se invece a prevalere fossero i No, allora lo spread BtpBund potrebbe risalire fino a 300 punti, un livello che non si vede dalla fine del 2012. Non sarebbe il massimo per le banche italiane, ancora ben esposte sui titoli di Stato italiani (hanno poco meno del 20%, con la quota Bankitalia salita al 12%). Senza contare che secondo gli ultimi dati Bce le principali banche italiane hanno in portafoglio circa un terzo dei 990 miliardi di crediti deteriorati degli istituti Ue. Meno male che hanno anche la più alta copertura in termini di accantonamenti (il 44,6%).