Bce, politica espansiva addio: Draghi prepara la stretta

Bce, politica espansiva addio: Draghi prepara la stretta
di Alessandro Cardini
3 Minuti di Lettura
Venerdì 19 Maggio 2017, 07:57
BRUXELLES - La crisi è alle spalle. I rischi di peggioramento dell'economia «si stanno moderando». Sono queste le due frasi chiave del discorso di Mario Draghi a Tel Aviv per capire dove si sta dirigendo la Banca centrale europea e con quali tempi. A queste due frasi ne va aggiunta una terza, tutta politica: «Adesso la maggioranza silenziosa ha ripreso voce, orgoglio e fiducia in se stessa». E' quella maggioranza che parlava a voce troppo bassa o non parlava affatto a difesa del progetto europeo, immersa nel fragore euroscettico ed eurofobico. Al solito, quando non si trova sul podio esclusivo della Bce, il governatore surfa fra economia e politica. E lancia messaggi.

Le indicazioni sullo stato dell'economia non contengono novità: la domanda interna della zona euro, dice Draghi, è il pilastro di una ripresa che è «resiliente», cioè in grado di durare, resistere. Grazie alla politica monetaria. L'impressione è che Draghi stia consolidando una valutazione più positiva della situazione, il che naturalmente ha implicazioni sulle scelte che la Bce prenderà sull'orientamento ai mercati per le scelte future di politica monetaria. Tuttavia occorre cautela sulle anticipazioni di scenari: i dati dell'inflazione sono ancora troppo instabili e controversi. I numeri sono noti: nella zona euro la ripresa è al quinto anno consecutivo. La Commissione ritiene che si stia procedendo verso una crescita stabile. Nel 2016 il Pil era cresciuto all'1,8%, quest'anno crescerà dell'1,7%, l'anno prossimo dell'1,8%. Dal 2008 al 2012 la media di crescita annua era stata negativa (-0,3%), nei cinque anni successivi sfiorerà l'1,3%. Che non sia brillante, è evidente. In sostanza, però, Draghi dice che non ha senso vittimizzarsi, che quanto fatto per fronteggiare la crisi sta dando frutti. Non va dimenticato. Per questo cita i 5 milioni di persone occupate in più rispetto al 2013, la disoccupazione, sempre alta, però al livello più basso degli ultimi otto anni. Nel 2017, stando alle stime Ue, scenderà sotto la soglia del 10% toccata nel 2016, portandosi al 9,4% e poi nel 2018 arriverebbe all'8,9%.

Il presidente della Bce non ha arricchito l'analisi di elementi propri della politica monetaria. Venti giorni fa a Francoforte aveva indicato che la ripresa economica «sta diventando sempre più solida» e che i rischi di peggioramento erano «più equilibrati», però sempre «orientati verso un peggioramento» e non verso un miglioramento. E' dunque proprio sulla valutazione dei rischi che si farà dura la discussione tra i banchieri centrali nella riunione l'8 giugno a Tallin. Dalle minute dell'ultima riunione dei governatori a fine aprile emerge una divergenza di opinioni: alcuni membri del vertice Bce considerano «che i rischi alla crescita reale potrebbero essere ora complessivamente equilibrati» mentre altri ritengono prevalgano ancora rischi di peggioramento. Il numero uno della Bundesbank, Jens Weidmann, ha ribadito ieri: «Vediamo che i rischi politici sono molto pronunciati, ma nello stesso tempo l'incertezza economica è molto bassa e così la volatilità dei mercati». Per lui, come per il ministro delle finanze tedesche Wolfgang Schaeuble, le condizioni per cambiare registro ci sono tutte. La questione aperta è se si ritiene che la ripresa è in grado di autosostenersi o meno, e si può cominciare a preparare i mercati alla prospettiva di una frenata all'espansione monetaria, oppure occorre aspettare.

Quanto alla fase politica europea, Draghi parla della vittoria di Macron senza citarlo. E' grazie alla Francia che la «maggioranza silenziosa» ha ripreso voce. Ribadire che la crisi è dietro le spalle non per caso, ma grazie agli sforzi comuni dei governi e delle istituzioni europee, serve a smontare la narrazione populista e nazionalista. Di qui il richiamo a non perdere l'occasione, al lavoro cooperativo tra Stati per completare l'Unione monetaria, condividendo sovranità nelle aree di diretto interesse comune.