I tentativi di chiudere le due partite andarono avanti ugualmente, ma fallirono: senz'altro per qualche ritardo della Vigilanza, ma soprattutto per gli ostacoli e i bilanci non veritieri presentati dai tre istituti.
L'OFFERTA A TRINCA
È il 19 febbraio 2014 quando gli ispettori di Bankitalia affronta la questione fusione con i presidenti Flavio Trinca per Veneto Banca e Giovanni Zonin per Popolare di Vicenza. Trinca è perplesso: «Il gruppo Veneto banca - dice a verbale - valuterà con priorità la possibilità di un'aggregazione con la consorella, da realizzare una volta noto l'esito del Comprehensive assessment della Bce». Ma è proprio Carmelo Barbagallo, capo della Vigilanza di Bankitalia, a escludere l'ipotesi avanzata da Trinca. Si legge nel documento: «Barbagallo dopo avere ricordato l'attenzione della Banca d'Italia per l'operazione di aggregazione tra due banche (...) ha auspicato l'avvio di un confronto franco e serrato tra le parti per verificare la fattibilità della fusione. Attesa l'esigenza di procedere rapidamente, il dottor Barbagallo ha ritenuto non accettabile la richiesta di Trinca di valutare l'operazione alla conclusione delle valutazioni Bce».
IL TAVOLO DI AREZZO
La mancata fusione tra Banca Etruria e Bpvi, anch'essa voluta da Bankitalia dopo il fallimento dei contatti con Montebelluna, è una delle contestazioni mosse dagli ispettori di Via Nazionale ai vertici della banca di Arezzo nell'ultimo documento depositato prima del commissariamento. L'atto ispettivo è finito agli atti dell'inchiesta avviata dalla Procura aretina e nella relazione del liquidatore Giuseppe Santoni.
È il 6 giugno 2014, il cda di Etruria presieduto da Lorenzo Rosi, e dai vicepresidenti Alfredo Berni e Pier Luigi Boschi, affronta la questione sollecitata da Via Nazionale, concludendo che la Banca intende «proseguire in modo serrato il negoziato con Popolare di Vicenza, ridiscutendo però alcuni aspetti qualificanti della proposta, al fine di individuare modalità di aggregazione che, potendo meglio intercettare il favore dei soci di Banca Etruria, presentino concrete prospettive di fattibilità». Il 16 giugno Rosi ottiene un incontro per aggiornare Bankitalia in merito alle trattative con Bpvi che ha proposto un'Opa. È presente anche Zonin. L'accordo non si trova. E la Vigilanza conclude: «L'operazione di cessione di asset prospettata dal presidente di Banca Etruria può assumere una valenza industriale solo se rappresenta, effettivamente, una tappa di preciso e predefinito percorso, finalizzato all'aggregazione con un intermediario di primario standing, secondo quanto richiesto dalla Vigilanza nel 2013. In considerazione dell'attuale situazione tecnico organizzativa dell'Etruria, nonché della prossima entrata in vigore del Single supervisory mechanism, tale aggregazione andrebbe perfezionata non oltre novembre, stabilendo sin d'ora un percorso vincolante sul piano giuridico».
Il 17 giugno, invece, Etruria respinge formalmente la proposta di Opa avanzata dalla Bpvi, formulando un piano alternativo che però Bpvi rifiuta. E' l'ultimo atto di oltre due anni di tentativi. Si proverà ancora, ma di lì a poco le cose cominceranno a precipitare fino al default dei tre istituti.