Atlantia all'attacco del governo: «Possibili danni agli azionisti»

Atlantia all'attacco del governo: «Possibili danni agli azionisti»
di Jacopo Orsini
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Giovedì 23 Agosto 2018, 12:51 - Ultimo aggiornamento: 24 Agosto, 19:02
Troppe esternazioni fuori luogo. Atlantia, la holding della famiglia Benetton che controlla Autostrade per l'Italia, va all'attacco del governo dopo le dichiarazioni che si sono susseguite in questi giorni in seguito al crollo del ponte di Genova. Ieri il consiglio di amministrazione della società ha «avviato la valutazione degli effetti delle continue esternazioni e della diffusione di notizie infondate sulla società avendo riguardo al suo status di quotata, con l'obiettivo di tutelare al meglio il mercato e i risparmiatori». Una nuova mossa nello scontro che prosegue da giorni con il governo, mentre ci si interroga sul possibile ruolo che potrà avere la Cassa depositi e prestiti. E una accusa neanche tanto velata di aver influenzato, con affermazioni e minacce fatte a mercati aperti, l'andamento del titolo in Borsa. Dove anche ieri le azioni Atlantia hanno perso un altro 3,8% a 18,18 euro, con il valore della società sceso di quasi 600 milioni a 15 miliardi.

Nel mirino della società ci sono tutte le prese di posizione, a volte anche contraddittorie, di esponenti dell'esecutivo sulle intenzioni di revocare o annullare la concessione o anche su una paventata rinazionalizzazione della gestione. Nei giorni scorsi era già intervenuta la Consob suggerendo di moderare i toni ed evitare interventi scomposti a Borsa aperta. L'autorità di controllo aveva anche fatto sapere di avere in corso accertamenti sul titolo e sulla regolarità degli scambi, già dallo scorso 14 agosto, quando il ponte è crollato.

LE CONTESTAZIONI
Per tornare ai temi della riunione di ieri, il cda ha proceduto anche a un primo esame degli effetti che potrebbe avere sulla società una revoca della concessione della rete autostradale. In una nota Atlantia precisa di «aver avviato le verifiche sull'impatto in merito agli strumenti finanziari del gruppo» dopo la lettera di contestazione del ministero dei Trasporti. L'altro ieri Mediobanca aveva stimato l'impegno complessivo per lo Stato della revoca in circa 22 miliardi (dedotta una penale di 2,5 miliardi) includendo però nel conto il debito che grava su Autostrade.
Infine, il cda di Atlantia assicura «pieno supporto» alle misure avviate dalla controllata a favore della città di Genova. La società ha infatti messo a disposizione un prima cifra di 500 milioni per l'emergenza e gli interventi di ricostruzione del ponte, per le famiglie delle vittime e di quelle costrette a trasferirsi dalle loro abitazioni.
Intanto, dopo Standard & Poor's anche Moody's ha messo sotto esame il rating di Atlantia, Autostrade per l'Italia e Aeroporti di Roma, che fa sempre capo alla holding, in vista di un possibile riduzione del voto. L'agenzia di valutazione americana parla di «accresciuti rischi di un abbassamento del profilo di credito derivanti dai recenti sviluppi seguiti al crollo del ponte Morandi».

Inoltre da ieri è aperto un fronte anche con l'Anac, l'autorità guidata da Raffaele Cantone, che accusa Autostrade di non aver effettuato quasi il 73% degli investimenti previsti. L'organismo di controllo ha chiesto ad Autostrade chiarimenti sull'appalto per i lavori sul ponte Morandi e, nell'ambito dell'istruttoria avviata, ha sollecitato aggiornamenti sullo stato degli interventi sull'A10, la tratta dove è crollato il viadotto. Nella richiesta dell'Anac si fa riferimento all'ultima relazione pubblicata sul sito del ministero delle Infrastrutture sulla «Attività sul settore autostradale in concessione» del 2016, da cui emerge una mancata attuazione di interventi sulla A10-A7-A12 pari a 72,89%. Il piano però include i lavori per la Gronda mai partiti. Autostrade ha replicato dicendosi pronta a collaborare, precisando che il mancato intervento si riferisce a «investimenti per il potenziamento della rete genovese (Gronda e nodo San Benigno)» e che «non riguarda in alcun modo le attività di manutenzione». Sempre secondo la società, la differenza «è l'effetto dei notevoli ritardi da parte delle istituzioni».

 
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