ArcelorMittal all'Antitrust Ue: pronti a cedere sei impianti per l'ok su Ilva

Lo stabilimento Ilva a Taranto
di Giusy Franzese
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Venerdì 13 Aprile 2018, 19:30 - Ultimo aggiornamento: 14 Aprile, 10:51
Pur di superare le perplessità dell’Antitrust europeo sull’acquisizione dell’Ilva, il colosso ArcelorMittal è pronto a cedere sei stabilimenti sparsi in Europa, compreso quello di Piombino. Ma l’impegno scritto non ha fatto in tempo ad arrivare a Bruxelles (che ha tempo fino al 23 maggio per dare il suo via libera all’operazione) che già sono scattate le proteste. A partire da quelle vibranti del governo del Lussemburgo. Tra gli stabilimenti che ArcelorMittal è disposta a cedere, infatti, c’è anche quello di Dudelange, in Lussemburgo appunto. Un sacrificio che il vicepremier lussemburghese, Etienne Schneider, considera eccessivo e inutile.«Disapprovo l‘eventuale cessione dell‘impianto di Dudelange a un acquirente sconosciuto al solo fine di rispondere alle preoccupazioni della Commissione europea. Interverrò presso la direzione di ArcelorMittal e la Commissione europea affinchè il sito di Dudelange resti di proprietà del gruppo» ha annunciato. Durissime le sue parole contro le regole troppo rigide dell’Antitrust: «Obbligando ArcelorMittal a cedere siti produttivi in Europa la Commissione agisce contro gli interessi della politica industriale Ue poichè impedisce la nascita di un vero campione della siderurgia europea in grado di competere sul mercato mondiale».
A questo punto bisognerà capire se anche gli altri stabilimenti finiti nella “lista nera”, si muoveranno e in che modo. Complessivamente - come detto - sono sei gli impianti che ArcelorMittal sarebbe disposto a sacrificare pur di ottenere il gruppo Ilva: quello di Piombino,  l‘unico impianto di acciaio galvanizzato della società in Italia; lo stabilimento ArcelorMittal Galati, in Romania; quello a  Skopje, in Macedonia; l'impianto di l Ostrava, nella Repubblica Ceca;  Dudelange in Lussemburgo; le linee di galvanizzazione 4 e 5 a Flemalle e le  linee di decapaggio a caldo, a freddo, laminazione a freddo e di banda stagnata a Tilleur, tutte a Liegi, in Belgio.
Nella nota diffusa alla stampa, ArcelorMittal comunque prevede di consultare  i consigli di fabbrica dei vari stabilimenti. Si legge, infatti, che «la proposta di vendere tali asset rimane soggetta al riesame e all‘approvazione finali da parte della Commissione Ue, nonché alla conclusione dei processi di informazione e consultazione con i consigli di fabbrica locali ed europei. Eventuali vendite saranno condizionate al completamento dell‘acquisizione di Ilva da parte di ArcelorMittal».
C’è da ricordare, inoltre, che in seguito alle osservazioni dell’Antitrust europeo, dalla cordata che ha vinto la gare per Ilva (AmInvestco Italy di cui ArcelorMittal è il capofila) è già dovuto uscire il gruppo Marcegaglia.
Intanto ieri si è svolto un nuovo incontro al Mise con i sindacati.
La trattativa va avanti (è fissato un nuovo appuntamento per il 23-24 aprile) ma tanti restano ancora i nodi da sciogliere. A partire dal numero degli esuberi (l’azienda è ferma su 10.000 assunzioni su 14.000 dipendenti attuali) e dal tipo di contratto. «Se queste posizioni non cambiano, un accordo non sarà possibile» ha tuonato il numero uno Fiom Cgil, Rosario Rappa. Vede invece qualche passo avanti, ma non sufficiente, il segretario generale della Uilm di Taranto, Antonio Talò: «Rispetto alla questione salariale è stato aperto un fronte: è un’apertura che cogliamo positivamente ma c’è ancora molta strada da fare per salvaguardare l’occupazione e per non far perdere diritti e salari ai dipendenti dell’Ilva». Di «aperture positive» parla anche la Fim Cisl, precisando però che «ulteriori garanzie» sui livelli occupazionali. «I diritti acquisiti non devono in alcun modo andare perduti» avverte infine il segretario generale dell’Ugl Metalmeccanici, Antonio Spera.
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