La divisione nelle due categorie principali (alimentare e non alimentare) mostra che ad essere penalizzato è stato il comparto alimentare, che ha visto ridurre la spesa mensile da 467 euro a 448 euro (-4,1%). Le uscite per i beni non alimentari sono invece passate da 1.994 euro a 2.076 euro, con un incremento del 4,1%. All'interno della macro area si registrano però delle eccezioni, come la quota che viene destinata per l'acquisto di vestiti e scarpe, che è passata da 157 euro a 118 euro. Si tratta di 39 euro in meno al mese, che corrisponde a un taglio annuale di 468 euro. In crescita la spesa per la salute, con la quota destinata ai servizi sanitari che passa da 86 euro a 114 euro, registrando un incremento del 32,6% nel decennio. In forte calo, invece, le uscite destinate alla voce trasporti, che passano da 362 euro a 271 euro, con un calo del 25,1%.
La quota già risicata, destinata all'istruzione, si riduce ulteriormente passando da 27 euro a 14 euro (-45,4%).
Per il tempo libero e cultura le uscite nel 2006 erano pari a 111 euro e dieci anni dopo sono arrivate a 130 euro (+17,1%). Cambia anche la spesa delle famiglie italiane per prodotti alimentari, con la voce 'frutta e verdurà che cresce da 84 euro a 102 euro (+21,4%) e quella 'carnè che scende da 106 euro a 93 euro (-12,3%). Per latticini e uova le uscite arrivavano a 64 euro nel 2006 e sono scese a 58 euro nel 2016 (-9,4%); in calo anche la quota destinata ai prodotti ittici, che da 42 euro è arrivata a 36 euro (-14,3%).
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