Design sostenibile, progettare la poltrona senza fine

Il progetto delle "torri verdi" dell'architetto belga Vincent Callebaut
di Nicolas Lozito
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Mercoledì 30 Ottobre 2019, 10:41 - Ultimo aggiornamento: 8 Gennaio, 15:41
Lo scriveva il saggista e critico Roland Barthes nel 1976: «L'essenza di un oggetto ha qualcosa a che fare con il suo modo di trasformarsi in spazzatura». È proprio dal momento in cui l'oggetto qualsiasi oggetto creato dall'uomo, dalla sedia al palazzo perde o termina la sua funzione, che rivela parte della sua essenza, del suo peso all'interno del sistema industriale, e in generale l'impronta lasciata sul Pianeta. Un ragionamento, questo di Barthes, che decenni fa era relegato alla saggistica, ma che oggi non solo è attuale ma è diventato il fulcro della progettazione e produzione sostenibile. «È una citazione molto attuale», come ricorda oggi Giuliana Zoppis, architetto e giornalista indipendente, coordinatrice della Commissione sostenibilità dell'Associazione Design Industriale, e fondatrice di BestUP, associazione per l'abitare Sostenibile. «La frase di Barthes spiega quello che io definisco un cambio di paradigma: non stiamo parlando di semplici mode o tendenze. Il design sostenibile, o l'eco-progettazione, sono strumenti fondamentali per collaborare al benessere delle persone. L'uso strategico del design serve a soddisfare le necessità dell'uomo attuali e future senza danneggiare l'ambiente, sia tamponando gli errori commessi, sia riprogettando prodotti, servizi e processi perché si risolva lo squilibrio tra esigenze della società ed esigenze dell'ambiente, senza svantaggiare la crescita e il benessere».
UNA PRIMA DEFINIZIONE. In sintesi, sostiene Zoppis, «quando si progetta e produce qualcosa, bisogna avere perfettamente in mente l'intero ciclo di vita del progetto: dalla culla alla culla. Significa che un oggetto, quando smette di essere utile, può trasformarsi in altre materie prime, seconde o nuovi oggetti». L'eco-progettazione ha proprio lo scopo di affrontare l'intero ciclo produttivo, rendendo possibile una metamorfosi passaggio per passaggio. Bisogna fare qualche esempio per comprendere al meglio le potenzialità dell'eco-progettazione. Si parte dalle materie prime, come i progetti di Formafantasma, duo di designer italiani di casa ad Amsterdam, per esempio, che utilizzano bio-plastiche con polimeri vegetali, oppure ex cavi di rame, o ancora i materiali dei circuiti elettronici di vecchi computer. Non semplice un assemblaggio di materiali riciclati: ma un design che trasforma il vecchio in qualcosa di radicalmente nuovo. Continua Zoppis: «Un altro spunto sono le bio-pelli create nei laboratori dell'americana Modern Meadow partendo da radici di funghi». Dal piccolo all'enorme, e dal concettuale al pratico. Oltre ai grandi progetti architettonici (il Bosco verticale di Milano, realizzato, o il progetto delle torri verdi di Parigi, abitazioni smart pensate dall'architetto Vincent Callebaut per il 2050), in Australia il governo ha reso disponibili gratuitamente tutti i dettagli per costruire una casa eco-sostenibile, a bassissimo impatto dai materiali agli infissi, che grazie all'efficienza energetica e i vantaggi fiscali può far risparmiare fino a 9.000 euro di consumi all'anno. Ma, anche per variare ancora con gli esempi, si pensi al primo test di gravidanza bio-degradabile, ora molto diffuso negli Stati Uniti.
LE SEI ERRE. Mentre si progetta seguendo l'eco-design, spiega l'ente internazionale EcoSMEs coordinato dall'Enea, l'agenzia italiana per le nuove tecnologie, bisogna rispettare quelle che vengono indicate come sei R. Ripensare il prodotto e il suo utilizzo. Ridurre le componenti, il materiale, l'energia necessaria a produrlo e farlo funzionare. Rimpiazzare componenti pericolosi con altri più innocui. Riciclare, ossia usare dove è possibile materiali riciclati e assicurarsi che poi i materiali usati possano essere a loro volta riciclati a fine vita del prodotto. Riutilizzare, ossia pensare ad un eventuale riutilizzo del prodotto. Riparare, ossia progettare oggetti che possano essere riparati invece che sostituiti in caso di rottura.
VANTAGGI PER LE IMPRESE. Se a un primo sguardo i benefici del design sostenibile sono tutti rivolti al pianeta e al lungo periodo, le aziende italiane sono favorite nel passaggio all'eco-progettazione fin da ora. La materia è regolata da una direttiva europea, la Direttiva 2009/125/CE, sostenuta dalla metodologia LCA (Life Cycle Assessment), che serve a valutare l'intero ciclo di vita di un oggetto secondo gli standard internazionali ISO 14040 e 14044 (l'ente Enea mette a disposizione due strumenti online per aiutare le imprese al calcolo dell'impatto dei loro prodotti, eVerdee e Tespi). Per le aziende, seguendo queste linee guide, sono previsti costi ridotti di produzione, un'immagine rinforzata del proprio prodotto, maggiore qualità, l'accesso a etichette che rispettano l'ambiente e accesso al mercato degli acquisti verdi (ovvero i cosiddetti Green Public Procurement).
GIURAMENTO DI IPPOCRATE. Si possono individuare le radici dell'eco-design fin dagli inizi del 1900, ma è con la fine del secolo che il tema si è diffuso. E nei prossimi anni diventerà ancora più al centro della progettazione, coinvolgendo tutti la maggior parte dei prodotti. Dalle sedie su cui siete seduti, alla caffettiera che usate la mattina, qualsiasi oggetto sarà pensato per esistere anche quando terminerà la sua funzione principale. È con questo spirito che si può vedere Broken Nature l'ultima Triennale del Palazzo dell'Arte di Milano, organizzata da Paola Antonelli, capo Dipartimento di architettura e design del MoMA di New York.
Conclusa lo scorso settembre, la mostra era stata aperta da un simposio dove Antonelli aveva, provocatoriamente, fatto una proposta: ««La responsabilità sociale di designer e scienziati implica che ognuno di loro dovrebbe assumersi -al pari dei medici- una sorta di giuramento di Ippocrate». Una missione, quindi, così che ogni oggetto sia progettato facendo sì la sua essenza non racchiuda più la trasformazione in spazzatura. Con buona pace di Roland Barthes.
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