Femminicidi emergenza sociale, donne sempre più sole: il 63% nasconde le violenze

Report della commissione parlamentare:il 57,4% delle aggressioni dal partner e il 12,7% dall’ex

Femminicidi emergenza sociale, donne sempre più sole: il 63% nasconde le violenze
di Barbara Acquaviti
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Lunedì 22 Novembre 2021, 06:56

A volte un numero può dire molte cose. Può raccontare, per esempio, la solitudine che hanno provato le donne prima di essere uccise dalla violenza di un compagno, di un marito, a volte anche di un figlio o un padre. Il 63% delle vittime non ha parlato con nessuno di ciò che stava vivendo: e questo vuol dire che non soltanto non si è rivolta alle autorità o ai centri antiviolenza, ma che non si è confidata nemmeno con una sorella o un'amica.
E' uno dei tanti dati che emerge da un'indagine svolta dalla commissione di inchiesta del Senato sul Femminicidio e la violenza di genere che sarà presentata mercoledì a palazzo Madama e che copre il biennio 2017-2018, proprio alla vigilia della Giornata internazionale sulla violenza alle donne.

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In particolare, su 211 potenziali femminicidi ed escludendo quelli che si sono conclusi con un'assoluzione, si fa riferimento a 192 casi per un totale di 197 donne uccise. «E' sicuramente il dato più preoccupante.

Ci dice che è necessario un cambio culturale del modo in cui la società legge la violenza. Perché le donne non parlano e non lo raccontano nemmeno a un'amica perché non si sentono capite, credute, anzi temono il giudizio», spiega la senatrice del Pd, Valeria Valente, presidente della commissione.

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Un'analisi che va letta anche alla luce dei dati del Viminale relativi a quest'anno: il numero di femminicidi, aggiornato al 14 novembre, è di 103. Praticamente uno ogni tre giorni.
L'inchiesta del Senato è partita dal fascicolo delle indagini ed è la prima volta in Europa che si affronta il tema in questo modo e, peraltro, su un arco di tempo di due anni.
Uno dei dati che emerge è che non ci sono particolari differenze tra i vari casi, né a livello territoriale o di ripartizione geografica, né rispetto alle caratteristiche dell'autore e della vittima.
Il 57,4% dei femminicidi è opera del partner, il 12,7% dell'ex. Le donne che si confidano (73 su 196) nella maggior parte dei casi lo fanno con persone a loro vicine, per lo più amiche, sorelle, madri. Ma nella maggioranza dei casi, il 60% (44 su 73) questa esternazione non si traduce in una denuncia.


«E invece dice ancora Valente - parlarne sarebbe importantissimo. L'amica, la sorella potrebbe dare una spinta in più per avviare un percorso, prima di tutto rivolgendosi a un centro antiviolenza: lì non solo ci si sente capite e non giudicate ma si può avere supporto dal punto di vista giudiziario e psicologico.
Un altro fattore ricorrente che emerge dall'analisi della commissione del Senato è l'alto tasso di suicidi dell'autore: su 192 sono 67, ovvero il 34,9%, quelli che si tolgono la vita. Per Valente «questo ci dice che non ha alcun senso continuare solo a inasprire le pene, a battere esclusivamente su quel tasto. Servono iniziative rivolte agli uomini, bisogna chiedere loro un salto di qualità, l'assunzione delle proprie responsabilità».

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PREGIUDIZI
Ma talvolta il pregiudizio è talmente radicato da influenzare anche chi si trova a giudicare i casi di femminicidio. Secondo l'analisi della commissione, infatti, dalla lettura di gran parte delle sentenze sono emerse alcune ricorrenti modalità espositive ed argomentative: il reato non è contestualizzato, anche perché ciò che precede il delitto spesso non costituisce oggetto di indagini o non viene valorizzato nel processo. Spesso la pregressa condotta violenta dell'uomo nei confronti della donna viene definita come relazione burrascosa, tumultuosa o turbolenta. E questo, anche in caso di denunce per gravi maltrattamenti da parte della vittima. «Se gli stereotipi e i pregiudizi attraversano così intrinsecamente, così profondamente la società anche un giudice, per quanto specializzato e bravo, ne è condizionato. Tanti se li portano dietro senza neanche rendersene conto», sottolinea Valente.
 

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