Margherita e le altre, ecco le prime che sfidarono la Storia. Alessandra di Michele Bragadin: «Un invito ad avere fiducia in noi stesse»

Margherita e le altre, ecco le prime che sfidarono la Storia. Alessandra di Michele Bragadin: «Un invito ad avere fiducia in noi stesse»
di Valentina Venturi
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Mercoledì 21 Luglio 2021, 12:37 - Ultimo aggiornamento: 22 Luglio, 16:24

Sarebbe bello raccontare una donna ogni giorno. Per recuperare quella parte di storia sconosciuta e incidere come una goccia giornaliera che scalfisce gli stereotipi che si sono consolidati a livello millenario». Parla con entusiasmo Alessandra di Michele Bragadin, ideatrice del programma “La Prima Donna che”, una rassegna in pillole dedicata alle grandi donne che, con coraggio e determinazione, sono riuscite a cambiare il mondo e la società. «Il progetto è andato molto bene – prosegue Bragadin –, la Rai ha confermato che è stato raggiunto uno share del 19%. La rassegna stampa di “La Prima Donna che” è stata straordinaria, riuscendo ad ottenere l’attenzione su di sé per tutte e sei le settimane di programmazione. Senza tralasciare i commenti dei giornalisti e dei critici televisivi, tutti positivi. In generale c’è stata una risposta né scontata né banale».

ECCELLENZE

 In poco più di due minuti al giorno su Rai1 si è raccontata la storia di figure femminili pioniere come Margherita Hack, la prima donna a dirigere un osservatorio, Luisa Spagnoli prima imprenditrice del Made in Italy e Lina Merlin la prima eletta al Senato, da cui è stata ideata l’omonima legge. Si sono rivissute anche le vicende di Maria Teresa de Filippis, prima pilota di Formula 1, di Francesca Serio la prima attivista contro la Mafia, della prima conduttrice di un telegiornale Bianca Maria Piccinino, della fondatrice di una casa editrice per fumetti Angela Giussani e di Cecilia Mangini la prima documentarista della nostra storia.

Realizzato con la supervisione di Karina Laterza, Presidente della Commissione Pari Opportunità della Rai, il prezioso supporto di RaiTeche e Rai Play dove le pillole sono ancora visibili e il patrocinio del Ministero per le pari opportunità, “La Prima Donna che” ha descritto trenta biografie simbolo di empowerment femminile: donne che hanno reagito agli stereotipi prestabiliti, anticipando i tempi e sfidando i principi retrogradi della società.

L’IDEA

 «Tutto prende forma quattro anni fa – racconta l’ideatrice – quando il sovrintendente del Teatro dell’Opera di Roma Carlo Fuortes (indicato dal governo come futuro amministratore delegato Rai, ndr.) mi racconta della prima donna sovrintendente del Teatro dell’Opera di Roma, Emma Carelli. Una vera innovatrice: erano gli anni a cavallo della Prima e Seconda guerra mondiale e Carelli ha affrontato quella fase lanciando Roma e il teatro Costanzi nel futuro, invitando ad esibirsi eccellenze come le avanguardie russe, Igor Stravinsky e Pablo Picasso. La sua risposta alla crisi è stata di guardare avanti e cambiare le cose». Da questo colpo di fulmine è scaturita anche la fortunata realizzazione del film “La prima donna”: prodotto dall’Istituto Luce-Cinecittà in collaborazione con il Teatro dell’Opera di Roma, il documentario diretto da Tony Saccucci e con protagonista Licia Maglietta, ha vinto il Nastro d’argento come miglior Docufilm del 2020. «Dalla sua storia – precisa Bragadin – è nato il progetto di “La Prima Donna che”, per raccontare la vita di altre donne straordinarie che ci parlino e ci invitino a guardare oltre, ad avere coraggio e fiducia in noi stesse per sfidare le convenzioni, senza seguire modelli consolidati. Ringrazio il direttore di Rai Documentari Duilio Giammaria che ha raccolto questa sfida». Ed è proprio per questa visione del futuro che Alessandra di Michele Bragadin si augura che “La Prima Donna che” diventi un seme che, germogliando, stimoli lo spettatore: «Nasce così l’idea di un racconto intergenerazionale a confronto, in cui le storie delle donne del Novecento vengono raccontate dalle ventenni di oggi. Credo che il nostro percorso di emancipazione vada costruito insieme agli uomini. Non dobbiamo essere separati, perché la consapevolezza deve prescindere dal genere»

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