Michela Andreozzi: «Quella mattina un uomo mi seguì...devo ancora ringraziare l'autista del bus»

Michela Andreozzi: «Quella mattina un uomo mi seguì...devo ancora ringraziare l'autista del bus»
di MICHELA ANDREOZZI*
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Mercoledì 24 Novembre 2021, 11:57 - Ultimo aggiornamento: 22 Dicembre, 12:39

«Le mani, le mani che sanno parlare» diceva Eduardo De Crescenzo.

In North Carolina, una ragazza si è salvata da un rapimento grazie a un gesto imparato su Tik-Tok: attraverso il finestrino dell’auto che la portava via ha mostrato agli altri automobilisti la mano aperta con il pollice ripiegato sul palmo e poi ha chiuso le altre dita. Una specie di saluto che i passanti hanno riconosciuto: e hanno chiamato le forze dell’ordine. A 16 anni e andavo a scuola in bicicletta, una scassona sottratta a una cugina più grande. Erano tre chilometri da casa mia al Liceo Dante Alighieri. La strada era un fiume di sampietrini che poco si sposavano con i vecchi ammortizzatori della scassona, ma potevo evitare la folla dell’autobus di mattina, i fiati pesanti e qualche distratto che si appoggiava con nonchalance. Mio padre mi aveva dato chiare indicazioni: se senti qualcosa che non va premere sul tuo corpo, urla e vai dal conducente. Non ne avevo mai avuto bisogno, poi era arrivata la bicicletta...

Una mattina però pioveva, una di quelle piogge che a Roma le foglie intasano la vita, e l’autobus era l’unica soluzione per muoversi.

Salgo nella calca delle 8, un inferno umido di ombrelli gocciolanti e bestemmie per i traffico. C’è un uomo che non mi piace: è troppo grande per guardarmi ma mi fissa per tutto il tragitto, poi scende come me al capolinea e mi segue. Io accelero il passo, ma non abbastanza perché me lo ritrovo dietro la schiena che mi afferra, mi punta sul collo qualcosa di freddo e mi dice una cosa che il mio cervello ha rimosso. Non riesco a urlare. Penso che devo trovare il coraggio di strillare, quando incrocio lo sguardo del conducente del bus che è sceso e sta andando in direzione opposta, e così strillo con gli occhi perché ho paura e non so che altro fare. Il conducente, vorrei sapere come si chiama per ringraziarlo ancora oggi, capisce che qualcosa non va, mi si avvicina e l’uomo che non mi piace scappa via. Una settimana dopo, nella stessa zona, sparì’ una ragazza. E se non avessi avuto il coraggio di chiedere aiuto? Se la vergogna mi avesse paralizzato? Se il conducente non fosse sceso? Il mondo è pieno di variabili. Una volta ci insegnavano a stare in guardia dal mondo, oggi l’obbiettivo è di cambiarlo. Il 25 Novembre è il giorno dedicato alla lotta contro la violenza sulle donne. Nonché il compleanno di mio padre. Un uomo che mi ha trasmesso la lezione più importante: possiamo difenderci, se abbiamo il coraggio di parlare. O gridare con gli occhi. O imparando un gesto su Tik-Tok. Auguri papà, che il mondo sia sempre più pieno di uomini come te.

*attrice, sceneggiatrice e regista

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