Covid, l'infermiera simbolo: «Da eroine a bersagli. Frustrante vedere in Rianimazione chi poteva salvarsi»

Covid, l'infermiera simbolo: «Da eroine a bersagli. Frustrante vedere in Rianimazione chi poteva salvarsi»
di Martina Benedetti *
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Mercoledì 22 Dicembre 2021, 12:00 - Ultimo aggiornamento: 23 Dicembre, 16:22

Mancano pochi giorni al nuovo anno e stiamo correndo verso un 2022 che ancora è un’incognita.

La mia paura nei confronti della malattia da Sars-Cov2, oggi, ha lasciato spazio anche ad un’altra paura. Quella verso altri esseri umani che considerano me ed il mio lavoro di infermiera un ostacolo alla libertà. Loro ci chiamano: dittatura sanitaria. Questo avviene nel 2021, dopo un lavoro interminabile in corsia per salvare vite. Il mio 2020 iniziò con i solchi di una mascherina FFP3 sul viso. Quella foto, dopo la mia prima svestizione in ambiente contaminato, diventò virale quasi quanto il Covid-19. Un nemico che, al tempo, ancora combattevamo senza le giuste armi. Ricordo campeggiavano gli slogan «andrà tutto bene». Non è andata bene. L’illusione di poter essere migliori è stata breve. Quando lavori in Terapia Intensiva i rumori degli allarmi e dei monitor entrano in testa, come una cantilena. Ad ogni suono corrisponde un particolare tipo di avviso o problema da risolvere e dopo la prima ondata Covid memorizzai il suono di un nuovo allarme; quello della macchina dell’ossido nitrico. Veniva prescritto ai pazienti più critici. Quando in estate le persone cercavano la leggerezza nelle discoteche, considerando pedante chi continuava a richiamare alla prudenza, le mie notti erano ancora colme dei suoni di quegli allarmi. Non c’è stato tempo, tuttavia, di elaborare il tutto perché ad ottobre ci veniva richiesto di essere pronti per la seconda volta. Anzi, imposto. Ricordo l’atteggiamento, in quel periodo, sembrava quello di un grande reset generale nei confronti degli accadimenti dei mesi appena trascorsi. Verso i bollettini giornalieri iniziai a percepire freddo distacco da parte di molti. E così, assieme alla seconda e alla terza ondata che si sono sovrapposte è iniziata, al di fuori delle corsie, una shitstorm di insulti e minacce verso il personale sanitario. Me compresa. Anche da parte di alcune di quelle persone che pochi mesi prima applaudivano, solerti, dai balconi. Risale a quel periodo la prima denuncia verso uno dei tanti leoni da tastiera. In quei mesi ero un essere umano annientato che svolgeva, come del resto faccio tutt’ora, un lavoro più faticoso del solito. Un lavoro che, a discapito di ciò che dice o pensa la gente, non ho mai avuto possibilità di scegliere e che è cambiato sostanzialmente nel giro di poco tempo. Essere medico o infermiere non implica necessariamente lavorare in una Covid-Area. Si è generalizzato molto sulla frase “sanitari eroi” ma tengo a ribadire che non tutti, tra noi, hanno trascorso questi anni di Covid in egual maniera. Se dovessi pensare al periodo più brutto di questo tempo pandemico lo collocherei durante la seconda ondata dove oltre al carico di lavoro, per la prima volta, ho fatto a pugni con la frustrazione ed anche con l’amarezza per il fatto che, sostanzialmente, non fosse cambiato poi molto dopo la lezione impartitaci ad inizio 2020. Se dovessi invece ricordare uno dei momenti più speranzosi, direi l’apprendere la notizia dell’avvento delle vaccinazioni. Qualcosa tuttavia, fin dall’inizio, partì con il piede sbagliato; il giorno 27 dicembre 2020, Claudia, infermiera simbolo della campagna vaccinale ricevette minacce di morte da parte di coloro che si fanno chiamare novax. Ancora una volta, l’occasione per essere migliori sfumò tra le nostre mani. Se penso a quante persone si sarebbero potute salvare, non mi sembra possibile trovarmi di fronte, oggi, chi decide consapevolmente di rifiutare il vaccino. È frustrante vedere affluire in Terapia Intensiva persone che avrebbero potuto avere a disposizione un piano A. La vaccinazione. Provo molta tristezza nel pensare, ad oggi, quante persone si sarebbero potute proteggere dalla forma grave della malattia. A questo punto, è diventato scorretto parlare di ondate. Questi, sono tentati suicidi spinti da disinformazione seriale. Potete essere contrari al Green Pass, ma ciò non implica il doversi scagliare contro un vaccino e contro chi tutti i giorni lavora secondo EBM (evidence base medicine), scienza e coscienza. Chi ci protegge da questi attacchi? Mi sento schiacciata, continuamente, tra il peso del mondo fuori e quello dentro la corsia. Io sono nel mezzo e spesso, quell’ossigeno che somministro ai pazienti: manca a me. E mi auguro che il Natale porti l’obbligo del vaccino.

*Infermiera ASL Toscana Nord Ovest U.O Terapia Intensiva e Rianimazione di Massa Carrara

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