Chiara Francini: «Ragazze, basta piagnistei. Fate emergere consapevolezza, studio e ironia»

Foto FABIO LOVINO
di Francesco Musolino
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Mercoledì 23 Febbraio 2022, 12:56 - Ultimo aggiornamento: 24 Febbraio, 09:08

«Studiare è l’unica regola che mi sono data nella vita. Studiare non significa sapere, ma impegnarsi in un atto di gioia e di dolore».

Attrice, conduttrice tv, opinionista sulla carta stampata e scrittrice da oltre centomila copie, Chiara Francini è un talento multitasking («perché sono una donna»), ironica e autoironica che non nasconde una legittima, fortissima ambizione, come viatico per la felicità. Conduttrice di Love me Gender, giudice in Drag Race Italia, in questi giorni ha ripreso a girare l’Italia recitando in Coppia aperta quasi spalancata – affiancata da Alessandro Federico per la regia di Alessandro Tedeschi – una pièce scritta nell’82 da Franca Rame e Dario Fo di sempiterna attualità che sta riscuotendo grande successo (alla Sala Umberto di Roma dall’8 al 13 marzo). Intanto, diretta da Enrico Vanzina è fra le protagoniste di Tre Sorelle – in programmazione su Amazon Prime Video – e sta già lavorando al suo quinto romanzo, «la più grande soddisfazione della mia vita».

Cosa racconta del nostro tempo “Coppia aperta quasi spalancata”?

«Come tutti i grandi classici è un testo sempre attualissimo. Il pubblico aveva una gran voglia di tornare a teatro ma il grande successo deriva soprattutto dall’aver saputo trattare il dilemma dell’amore di coppia. Franca Rame e Dario Fo raccontano una donna, Antonia, che pur di tenersi il suo uomo patisce le pene dell’inferno, finché prende contezza di sé e risorge come una fenice, ribaltando i rapporti di forza».

Antonia diventa libera nel momento in cui si ribella?

«Lei incarna la figura di tutte le mogli tradite e con ironia, racconta la sopravvivenza tra le mura domestiche. Noi donne cresciamo seguendo una dicotomia, o sante immacolate o donnacce, un modello che concepisce la famiglia come pura abnegazione. Ancor prima di ribellarsi agli uomini, dovremmo rifiutare questo stereotipo culturale, ribadendo la nostra indipendenza culturale».

Lei è femminista?

«No. Sono femmina, profondamente consapevole della differenza che intercorre fra uomo e donna». È complicato essere donne? «Sicuramente. Dobbiamo fare venti per arrivare a dieci ma ciò non significa piangersi addosso, anzi, rimbocchiamoci le maniche e andiamo avanti con la consapevolezza della diversità.

Come diceva Oriana Fallaci, essere una donna è un’avventura che non finisce mai ma se dovessi rinascere, vorrei essere sempre una donna».

La sua forza è l’essere piena di talenti?

«La mia unica regola è quella di studiare, approcciandomi con rigore, serietà e creatività a ciò che faccio. Sono una donna, per cui multitasking (e si concede una risata, ndr), in più vengo dalla provincia, da una famiglia molto normale, cresciuta con una concezione quasi calvinista della vita».

La bellezza è stato un handicap per la sua carriera?

«L’esteriorità dev’essere un viatico per ciò che si ha dentro. Pensi, mi dicevano che nella quarta di copertina avrei dovuto mettere una foto con gli occhiali…».

Ha ceduto?

«Non mi frega nulla. La grande battaglia è quella di portare con fierezza le proprie tinte. Sono profondamente egocentrica ed egotica ma penso di avere dei neuroni che hanno delle curve molto più interessanti di quelle che ho addosso».

Con il suo compagno, Frederick Lundqvist, vi tenete alla larga dal gossip. Anche lei ha avuto la tentazione del poliamore?

«Purtroppo no. Per quanto ci si possa professare moderni, le bambine hanno un unico modello possibile: la Madonna».

Con “Love me gender” su Real Time, ha raccontato il mondo LGBTQIA+ molto prima della tv generalista. È stata un’esperienza significativa?

«Molto, parlare di fluidità è davvero importante perché la diversità è una parte costitutiva degli esseri umani e in tal senso, mi piace sempre citare i versi di Sandro Penna, felice chi è diverso essendo egli diverso, ma guai a chi è diverso essendo egli comune».

Quattro romanzi (l’ultimo è Il cielo stellato fa le fusa, Rizzoli 2020) e oltre centomila copie vendute. È al lavoro per il prossimo?

«Sì! Una storia femminile e di famiglia, ambientata fra la Seconda Guerra Mondiale e gli anni di piombo».

E da dove arrivano le storie?

«Cerco la verità, questo il mio punto di partenza ideale. Non ho mai avuto il blocco della pagina bianca ma la scrittura e la risposta dei miei lettori sono la più grande soddisfazione della mia vita».

Se potesse parlare alla Chiara Francini quindicenne, cosa le direbbe?

«Respira e continua a seguire le tue passioni con semplicità e rigore. Sono molto grata a tutte le cadute, perché rassodano e hanno lasciato bellissime cicatrici».

È ambiziosa?

«Certo. Le donne devono esserlo, è l’unica possibilità di felicità».

Il suo obiettivo?

«Continuare ad essere felice. Partendo sempre dalle emozioni per cogliere l’universale». «

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