Ilaria Bonacossa: «Virtuale e reale si incontra nell'arte. Il nostro modello? ZKM in Germania»

Ilaria Bonacossa: «Virtuale e reale si incontra nell'arte. Il nostro modello? ZKM in Germania»
di Valeria Arnaldi
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Mercoledì 23 Marzo 2022, 10:44 - Ultimo aggiornamento: 24 Marzo, 09:51

Classe 1973, già direttrice della fiera di arte contemporanea “Artissima” di Torino dal 2017 al 2021, Ilaria Bonacossa è stata nominata direttrice del nuovo Museo Nazionale dell’arte digitale a Milano.

Una realtà tutta da progettare. La abbiamo incontrata per farci raccontare come sarà il futuro museo ma anche per parlare di donne e cultura. Anzi, di donne ai vertici della Cultura.

Come sta lavorando al progetto del Museo?

«È una vera avventura. Il digitale ormai è pervasivo, la sfida ora è trovare il modo di far incontrare reale e virtuale all’insegna dell’arte, parlando alle generazioni più giovani. Al luogo fisico del museo si accompagnerà una piattaforma digitale. Il Ministero della Cultura ha avuto una visione in anticipo sui tempi. Sarà uno dei primi musei statali di arte digitale al mondo».

E per le collezioni?

«Bisogna capire se guardare anche indietro o solo da qui in avanti, quest’ultima mi sembra la linea più efficace. Non si può raccontare tutto.

Ci sarà una mappatura della produzione digitale italiana e sarà un’occasione per farla conoscere anche all’estero. Tra i centri ai quali guardare come modello, Zkm in Germania, che investe in questo mondo da anni».

In Italia, l’arte digitale è diffusa?

«Non siamo indietro come produzione, ma come collezionismo. Credo che questo museo sarà utile per l’Italia, per farci vedere, non più e non solo come il museo del mondo, nell’accezione negativa della definizione, ma come un Paese proiettato anche verso il domani».

Ha incontrato ostacoli nella carriera, in quanto donna?

«Sì e no, direi. Ho seguito un master a New York quando non c’era questa abitudine, al rientro in Italia avevo qualifiche importanti e ho iniziato subito il lavoro alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino. Di certo, però, tutti i lavori nella Cultura sono fatti di contratti a termine e se fai dei figli, ti senti in una situazione di fragilità. Fortunatamente, è andato tutto bene e mia madre e mia suocera mi hanno aiutata molto. Se, però, fosse successo qualcosa o se non avessi avuti questi aiuti..».

Nessuna difficoltà in colloqui e selezioni?

«Se sei donna, ti chiedono se sei fidanzata. Prima di avere questo incarico, avevo partecipato a un altro bando e mi è stato chiesto come avrei fatto con la scuola delle mie figlie, se avessi avuto l’incarico e quindi mi fossi dovuta trasferire. Agli uomini queste domande non vengono poste. Il mio consiglio alle ragazze è di non dire la verità quando chiedono loro se sono fidanzate. Non ha nulla a che vedere con il lavoro».

Come immagina il team del nuovo museo?

«La persona giusta al posto giusto. Nel mondo dell’arte contemporanea il 60/70 per cento è rappresentato da donne. Non sarà difficile, quindi, averne molte nel team».

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