Wi-fi nel mare, arriva Wsense la startup (italiana) per connettersi anche sott'acqua

Wi-fi nel mare, arriva Wsense la startup (italiana) per connettersi anche sott'acqua
di Paolo Travisi
5 Minuti di Lettura
Lunedì 22 Febbraio 2021, 07:11 - Ultimo aggiornamento: 19:17

Nel 2020 la prestigiosa Stanford University l'ha inserita nella lista top 2% world scientists, la rivista Wired tra le 50 donne che hanno fatto (e fanno) la storia dell'informatica e quest'anno è stata nominata fellow della Ieee, la maggiore organizzazione mondiale nell'ambito delle nuove tecnologie. Chiara Petrioli è stata un cervello in fuga, che dagli States è tornata in Italia. Qui ha fondato Wsense, una startup nata all'interno dell'Università La Sapienza di Roma, che ha un obiettivo di grandi ambizioni: connettere il mondo sottomarino, sviluppando una rete di oggetti connessi, sensori, robot, droni subacquei, che spingeranno la Blue economy e permetteranno di acquisire big data da mari ed oceani per un monitoraggio costante e uno sfruttamento sostenibile.


Il 71% del nostro pianeta è fatto di acqua, ma non è connesso. Perché non è stato ancora fatto?
«Non siamo in grado di usare il wireless, fondamentale per il successo di Internet nel mondo di sopra, perché le stesse tecnologie che abbiamo sviluppato negli ultimi decenni e che sono alla base della crescita industriale, sott'acqua non funzionano».

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Qual è l'impedimento?
«La forte attenuazione delle onde radio nell'acqua salata. Il wi-fi sott'acqua si propaga a 2/3 centimetri, possiamo usarlo per una comunicazione wireless a contatto, ma non per la comunicazione fino a 100 metri come nel mondo terrestre. Anche le tecnologie usate per l'esplorazione di pianeti lontani come Marte nell'ambiente marino diventano cieche, perché le onde non si propagano».


Con Wsense ha sviluppato una tecnologia alternativa a quella terrestre ed in breve tempo siete divenuti leader di Internet of Underwater Things. Quali sono stati gli step?«Siamo partiti da collaborazioni internazionali, tra cui il Mit, dove era stato sviluppato il modem acustico sottomarino, ideato copiando la modalità di comunicazione tra i cetacei, a cui si è aggiunta la tecnologia wireless ottica. Ma sin dall'inizio ci sono stati diversi problemi legati ai parametri ambientali».


Si riferisce alle variazioni della temperatura dell'acqua?
«Sì, ma non solo, c'è il problema della salinità, o nel caso di ambienti costieri, anche la superficie che provoca la rifrazione delle onde, i rumori di sottofondo delle imbarcazioni. Tutto questo crea problemi di comunicazione».


E la vostra tecnologia cosa ha cambiato?
«Strumenti di comunicazione wireless preesistenti non raggiungevano prestazioni affidabili per la comunicazione, allora abbiamo rovesciato il punto di vista. L'idea è stata passare da una comunicazione punto-punto tra due dispositivi ad una rete; abbiamo pensato di cambiare, in modo dinamico, i percorsi di comunicazione dalla sorgente alla destinazione, passando attraverso degli elementi intermedi».


In che modo?
«Implementando l'intelligenza artificiale nel mondo sottomarino, per far funzionare le reti in modalità adattive, con un approccio del tutto sperimentale. Abbiamo sviluppato delle piattaforme software che consentono la connessione tra diversi tipi di sensori, anche di device eterogenei, come robot sottomarini o altri dispositivi di comunicazione. Siamo tra i pionieri di questa tecnologia a livello mondiale, con due brevetti registrati in America, Europa, Israele, Russia».


Che tipo di oggetti connessi ci saranno sott'acqua?
«Reti di sensori che permettono il controllo e monitoraggio dei dati marini, come la qualità dell'acqua, collegati a telecamere per la sorveglianza di infrastrutture sottomarine o per l'identificazione di vari fenomeni, tutte informazioni in tempo reale. Poi ci sono i sistemi robotici per l'esplorazione marina localizzabili da una tecnologia underwater Gps, con un scambio di dati in real time. Il terzo elemento è l'essere umano, che si integra ed interagisce nella stessa rete; come uno smartphone che dialoga con un pc, così un diver dialoga tramite il tablet con un robot o un sensore».


In che modo il mondo sottomarino sarà connesso a quello terrestre?
«Tramite una rete ibrida. Potremmo creare delle aree di decine di chilometri di reti sottomarine collegate ad un elemento cablato che le connetterà a quelle terrestri, cioè all'Internet che conosciamo».


La Blue economy ne ricaverà una spinta decisiva. In quali ambiti?
«La Blue Economy è la decima economia del mondo e sta crescendo più di altre. I due terzi del mondo marino ci daranno le risorse, non solo per il turismo, ma quelle energetiche, minerali, cibo. Già oggi, molto sta accadendo, come la crescita di alcune colture, per esempio le alghe per uso medicinale o cosmetico, si sta puntando sull'energia rinnovabile all'interno del Green Deal europeo, tutto questo porta naturalmente alla necessità di sistemi autonomi di monitoraggio e controllo».


E l'ambiente?
«Stiamo interagendo con scienziati esperti di climate change, per trovare soluzioni e studiare, con dati quantitativi alla mano, politiche di sostenibilità mirate, visto che sappiamo quanto sia fondamentale l'apporto degli oceani nell'assorbimento dell'anidride carbonica».


Cnn e Bbc hanno dedicato attenzione alla sua ricerca applicata in campo archeologico. Ce ne vuole parlare?
«È stato affascinante sviluppare la tecnologia a vantaggio degli archeologi marini, che a Cesarea, in Israele, ha permesso di scoprire tesori inestimabili, non in luoghi incontaminati, ma in ambienti costieri a pochi metri di profondità».


La vostra tecnologia sarà molto utile l'Italia, ricca di siti. Quale sarà l'equipaggiamento dell'archeologo digitale?
«Gli archeologi digitali hanno dei tablet subacquei che sfruttano un sistema di messaggistica simile a Whatsapp per chiedere aiuto o strumenti di ricerca senza risalire, ed in caso di mareggiate, la tecnologia ci consente di georeferenziare sia il sito che il diver. Con il supporto del Mibact Abbiamo compiuto per monitorare aree costiere e siti archeologici e con il progetto Mutas, stiamo realizzando dei sistemi per i parchi marini».

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