Non sono trascorsi che pochi giorni dalla Giornata contro i femminicidi che un nuovo caso di una sentenza basata sul movente della gelosia ha fatto infuriare movimenti femminili e anche parlamentari. «E' sempre necessario aspettare le motivazioni di una sentenza, ma se venissero confermate le notizie di stampa il senso di quella di oggi preannuncerebbe un fatto gravissimo: un marito può essere assolto dal femminicidio della moglie perché il delitto è stato commesso 'in preda ad un delirio di gelosia', che ha reso l'uomo incapace di intendere e di volere» ha tuonato la senatrice Valente, della Commissione parlamentare contro il Femminicidio.
«Se davvero l'uomo fosse stato incapace di intendere e di volere avremmo dovuto avere una pronuncia diversa. Noi crediamo invece che né la gelosia, né altri sentimenti di possesso possano in alcun modo giustificare la violenza contro una donna o addirittura la sua uccisione. Anzi, che proprio tali giustificazioni siano il prodotto della cultura patriarcale di cui il delitto d'onore era il simbolo e dalla quale vogliamo emancipare l'Italia. Nella Commissione Femminicidio approfondiremo questa sentenza» aggiunge la senatrice.
La notizia che è al centro delle polemiche riguarda l'assoluzione di un uomo ritenuto incapace di intendere e volere a causa di un totale vizio di mente per «un delirio di gelosia». Si è chiuso così il processo davanti alla Corte d'Assise di Brescia a carico di Antonio Gozzini, 70enne che un anno fa uccise la moglie Cristina Maioli, insegnante di scuola superiore.
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