Dalle favole ai videogiochi, ma gli stereotipi restano gli stessi: le donne protagoniste sono solo il 20 per cento

Dalle favole ai videogiochi, ma gli stereotipi restano gli stessi: le donne protagoniste sono solo il 20 per cento
di Sonia Montegiove
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Martedì 25 Maggio 2021, 19:28 - Ultimo aggiornamento: 27 Maggio, 09:22

Quasi la metà delle persone che giocano con i videogiochi sono donne in Europa e quasi il 40% della spesa per videogame può essere attribuito alle donne secondo l’analisi di IPSOS Mori “Women Played. Women Paid. Women Made”, che indaga l’impatto, l’influenza e la spesa delle donne nel mercato europeo dei videogiochi. Ma gli stereotipi sono duri a morire: perchè il passaggio dai libri di carta ai videogiochi si porta dietro gli stessi stereotipi: protagonisti dei videogiochi sono nella stragrande maggioranza sempre maschili. Solo due su dieci sono donne. E dire che nel 2020, complice la pandemia, la spesa in videogiochi è aumentata di 3,2 miliardi di euro, con un contributo importante da parte delle donne che, nonostante mostrino passione per il ruolo di player, sono ancora sottorappresentate come forza lavoro nell'industria dei videogiochi. Secondo i dati rilasciati dall'associazione IiDEA, in Italia rappresentano il 23% dei lavoratori impiegati nella realizzazione di giochi. 

"Il dato italiano è buono, nella media europea, anche se siamo ben lontani dalla parità di genere" - commenta Lara Oliveti, co-fondatrice e CEO di Melazeta, con una esperienza ultraventennale nella produzione di videogiochi. "La barriera d’ingresso per le donne c’è stata in particolare negli anni scorsi, quando era evidente un certo pregiudizio nei confronti delle ragazze anche solo come giocatrici (ed essere pertanto capaci di giocare bene). In generale era evidente una certa stereotipizzazione delle ragazze nerd. Ad oggi molto le cose stanno cambiando: sta contribuendo in primis la maggiore accessibilità a piattaforme di gioco, poi  la brillantezza, la simpatia e la bravura di molte streamers su Twitch, e non ultime le tante opportunità formative degli ultimi tre anni che hanno avvicinato a questa industria un buon numero di professioniste in particolare graphic designer e animatrici e project manager. Meno donne si trovano nel ruolo di game design o sviluppatrici, ma questo è un tasto dolente in generale in ambito coding". 

Quali i profili professionali richiesti nella costruzione di videogiochi?

Non solo sviluppatrici per il mondo del gaming. "Si sta cercando di avvicinare anche le professioniste laureate in psicologia o neuroscienze o materie umanistiche - continua Lara Oliveti - perchè possono dare un apporto significativo alla progettazione di alcuni tipi di giochi. Alla base però, come per la maggioranza dei “mestieri”, occorre la passione. Per lavorare in questo ambito si può non essere una super giocatrice, ma occorre avere la curiosità di provare i giochi, parlarne con i colleghi, approfondire gli aspetti di innovazione nella tecnologia oppure il lato estetico o marketing".

Quanto piace videogiocare alle donne?

Probabilmente complice il momento di lockdown e più in generale la fase di restrizioni che ha limitato viaggi reali, il mondo del gioco virtuale ha acquistato diversi punti negli ultimi mesi. "Grazie al mobile e al freetoplay - spiega Lara Oliveti - tante persone di età diverse e tanto pubblico femminile si è avvicinato al mondo game".

In Italia sono quasi 17 milioni i videogamer, con un 7,3 milioni di donne secondi i dati IiDEA e un pubblico fatto soprattutto da persone tra i 15 e i 24 anni (4 milioni), seguiti dalla fascia 45-64 (3,8 milioni) e 25-36 anni (3 milioni). Numeri molto più bassi per i bambini nella fascia 6-10 anni (1,7 milioni) e 11-14 (1,8 milioni).

"Le donne giocatrici - continua Oliveti - in buona maggioranza si dedicano ai casual game e puzzle game su mobile, ma non sono la totalità. Diciamo che il videogioco è diventato un passatempo, ma anche un modo per sviluppare alcune abilità (spirito creativo, pensiero logico, lingua inglese, ecc.) e per mettersi alla prova in ambiti specifici (giochi di parole, fashion, interior design, ecc.)".

Sterotipi e pregiudizi anche nei videogiochi?

Secondo il rapporto IPSOS Mori, le donne protagoniste di videogiochi sono salite dal 9% del 2019 al 20% del 2020, un dato significativo in termini di rappresentazione di generi diversi. Dato significativo che evidenzia un cambiamento rispetto al passato, e in particolare al cosiddetto #gemergate del 2014, che mise in luce il sessismo presente nel mondo dei videogiochi, e alla scoperta fatta da una dodicenne americana nel 2015 secondo la quale il giocare con un personaggio femminile prevedesse un costo aggiuntivo per il 90% delle app di gioco.

Come avvicinare le donne al videogioco non solo da player?

"Penso che l’avvicinamento - risponde Lara Oliveti - possa esserci anche grazie alle iniziative divulgative sulle STEAM, come per esempio il summer camp organizzato dall'Università di Modena-Reggio Emilia Ragazze Digitali, in cui a circa 17 anni si spiega come creare un gioco. Anche in questo caso, la conoscenza è il primo passo per superare i pregiudizi".

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