Violenza, un albo nazionale per i tanti orfani fantasma

Violenza, un albo nazionale per i tanti orfani fantasma
di Franca Giansoldati
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Sabato 15 Maggio 2021, 09:19 - Ultimo aggiornamento: 09:55

Viola, Giorgia, Alessio, Tommaso, Caterina. Sono tanti, troppi, più di duecento e li chiameremo solo con dei nomi di fantasia visto che nelle rispettive biografie l'immaginazione è stata inghiottita da un destino insopportabile. Gli orfani di femminicidio per certi versi sembrano tutti uguali, schiacciati dallo stesso atroce destino, tormentati da incubi che non se ne vanno, nemmeno crescendo, e la paura che si allunga come un'ombra minacciosa su tutto quello che incontrano.


Aver assistito all'uccisione della mamma da parte del proprio padre o del compagno trasfigura la vita degli orfani e li ingabbia in un isolamento che li stritola inevitabilmente poiché, troppo spesso, in assenza di famiglie stabili e benestanti, devono confrontarsi con i problemi pratici della vita quotidiana.


«Se non hanno parenti alle spalle, o situazioni familiari solide, si ritrovano (almeno per il 90 per cento dei casi) a fare i conti con la mancanza di punti di riferimento, anche economici. Sono abbandonati de facto dalle istituzioni perché sono dei fantasmi. Bisogna al più presto creare un albo nazionale». Roberta Beolchi, 52 anni, nella vita fa l'architetto e per caso, diversi anni fa, le capitò di dare assistenza ad una adolescente Caterina oggi ventenne - che chiedeva aiuto per pagare le bollette di casa e le spese scolastiche. Era rimasta sola, il padre dopo l'uccisione della madre si era tolto la vita, la famiglia di origine sfilacciata.


Beolchi racconta che da lì è iniziato tutto ed è nata Edela, una organizzazione no-profit che pian piano è diventata il punto di riferimento nazionale per i figli delle vittime.
Mentre parliamo le arriva un messaggio su Whatsapp e me lo mostra. È un sos che arriva da Cinzia, 19 anni, una orfana toscana cresciuta da una casa famiglia all'altra. Ha avuto l'ennesimo attacco di panico e alle spalle ha episodi di autolesionismo.
«La cosa che posso fare è pagarle la terapia, tre, quattro o anche cinque volte la settimana, almeno fino a che non si riprende. Naturalmente il denaro arriva da una rete di benefattori, amiche o amici che hanno capito quanto sia atroce la situazione di questi ragazzini».


Cinzia testimone dell'uccisione della mamma. Non avendo il padre perché non lo ha mai conosciuto inizialmente è andata a vivere con la zia. «La maggior parte di questi ragazzini non provengono da famiglie benestanti e la terapia da uno psicologo non la possono sostenere. A volte si rivolgono a Edela anche per avere pareri legali, ma anche in questo caso occorre trovare loro un avvocato. Non hanno nemmeno l'esenzione dai farmaci e non hanno corsie preferenziali per la ricerca di un lavoro quando arrivano alla maturità».


Carmine Ammirati, orfano quando aveva 12 anni, ha voluto scrivere da adulto un libricino (Graus Edizioni) con l'introduzione di Mara Carfagna, per ricostruire attraverso un monologo i ricordi della madre, come se volesse finalmente riappropriarsene, smascherando il fatto che nessun bambino dovrebbe vedere quello che ha visto. «Il senso di impotenza, la paura di non poterti salvare mamma».


Da tempo si parla di una legge e di coperture finanziarie ma il meccanismo è ancora inceppato. Il sostegno dello Stato per lo studio, la formazione e l'inserimento nel mondo del lavoro degli orfani è approdato lo scorso luglio in Gazzetta ufficiale. Ha fissato anche i criteri per l'erogazione dei fondi previsti già nella legge di Bilancio 2017. Si è trattato di un decreto del ministro dell'Economia entrato in vigore 16 luglio ma da quello che denuncia Edela il meccanismo che vi è alla base è come sempre «farraginoso. I ragazzi hanno bisogno subito mentre le procedure sono ancora tutte da attivare e bisogna anche istituire un Albo».

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