Lo stupro come micidiale arma di guerra si riaffaccia orribile anche in Sudan, dove è in corso una guerra civile. Molteplici denunce riguardano proprio le forze paramilitari di supporto rapido (RSF) che su tutto il territorio avrebbero usato violenza nei confronti di donne e bambine. La diffusione di questi crimini sono emerse in tutto il Sudan, mentre attivisti e medici chiedono aiuto e fanno affiorare i casi sui social tentando di rafforzano la rete di supporto per le vittime. Spesso, hanno raccontato, vengono violentate anche le bambine davanti alla mamma o ad altri familiari impotenti. Secondo Al Jazeera che ha dedicato a questa piaga sudanese una dettagliata inchiesta, inizialmente sono state prese di mira le donne straniere, ma gli attacchi alle donne sudanesi sono ormai diffusi.
Dallo scoppio della guerra, il 15 aprile, le reti civili si sono mobilitate a favore dei più vulnerabili, offrendo informazioni logistiche vitali sui posti di blocco, sulle vie di fuga, sul reperimento e sull'acquisto di forniture mediche di emergenza che scarseggiano disperatamente.
Violenza donne, Onu condanna l'Italia: stereotipi sessisti nei tribunali
In risposta alle notizie di violenza sessuale, molte donne hanno utilizzato i social media per denunciare gli incidenti.
Un mese di scontri Sudan, quasi un milione di sfollati
Di stupri come arma di guerra durante i conflitti si è parlato all'Onu a lungo, arrivando all’approvazione della risoluzione 1888/2009, con cui il Consiglio di sicurezza ha dato vita alla prima – e ad oggi unica – istituzione pubblica internazionale dedicata esclusivamente alla questione: lo United Nations Special Representative of the Secretary-General on Sexual Violence in Conflict.
Profilo Abbonamenti Interessi e notifiche Newsletter Utilità Contattaci
Logout