Silvia Colasanti, prima donna al Teatro alla Scala: «Conquisterò l'Opera»

Silvia Colasanti, prima donna al Teatro alla Scala: «Conquisterò l'Opera»
di Luca Della Libera
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Sabato 4 Marzo 2023, 07:34 - Ultimo aggiornamento: 13:18

Il Teatro alla Scala apre per la prima volta ad una compositrice. "Anna A." è il titolo (provvisorio) della nuova opera di Silvia Colasanti che andrà in scena nel febbraio del 2025 alla Scala. La quarantasettenne compositrice romana ha presentato il progetto ieri a Milano in un incontro dedicato a "Vi avverto che vivo per l'ultima volta", il libro che Paolo Nori ha dedicato ad Anna Achmatova, poetessa russa tra le più grandi, vissuta tra il 1899 e il 1966. Lo scrittore ed esperto di letteratura russa ne firmerà il libretto. La carriera della Colasanti è costellata di prestigiosi riconoscimenti e i suoi lavori sono eseguiti nelle principali istituzioni musicali internazionali. Nel 2017 è stata nominata dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella Ufficiale della Repubblica. Silvia è docente al Conservatorio romano di Santa Cecilia, dove si è formata.


Per la prima volta nella sua storia La Scala commissiona un'opera a una donna.
«Sono contenta di essere la prima compositrice, ma spero di non essere l'ultima».


Che peso ha per lei la questione del genere?
«Il fatto lodevole e molto rilevante è che il più prestigioso teatro lirico del mondo accolga e produca la musica del nostro tempo, al di là delle questioni di genere».


La sua musica è eseguita da molti anni in tutta Europa.
«Al di là della mia esperienza personale, in generale c'è ancora troppo poca fiducia nella creatività contemporanea e nel dialogo che invece l'arte può creare oggi. Soprattutto nel mondo della lirica questo non è scontato».


La sua sarà un'opera scritta da una donna che avrà come protagonista una donna. Come è nato il progetto?
«In un modo molto curioso. Non sapevo che Paolo Nori stesse scrivendo un libro su Anna Achmatova. Io volevo fare lo stesso. Il fatto che entrambi, senza sapere uno dell'altro, volessimo dedicarci lui con un libro ed io con un'opera a questa poetessa ci è sembrato un segno del destino».


Quando è successo?
«Prima dello scoppio della guerra in Ucraina. Evidentemente gli artisti hanno delle antenne molto sensibili».


Quale sarà il nucleo dell'opera?
«Un momento particolare della vita della Achmatova: la prigionia del figlio, che era stato condannato ingiustamente solo per il cognome che portava (suo padre era stato ucciso dal regime, ndr). Anna si reca per 17 mesi nel carcere di Leningrado e incontra altre madri di carcerati, di cui diventerà la voce, anche per l'esplicita richiesta delle altre donne di trasformare in poesia questa drammatica esperienza».


Dove ha tratto l'ispirazione?
«Da un episodio scritto da Anna. Durante queste sue visite al carcere una madre che non la conosceva le chiese se lei potesse descrivere tutto questo. Lei rispose di sì: allora scrive Anna nella prefazione a "Requiem" "una specie di sorriso scivolò per quello che una volta era stato il suo volto"».


Cosa l'ha colpita in questo episodio?
«L'idea che il dolore potesse diventare poesia fa rinascere non solo il volto della donna, ma addirittura il suo sorriso. Attraverso una vicenda personale voglio parlare del rapporto tra arte e potere; di quanto nessun regime riesce a imbrigliare la letteratura e l'arte, che sono più forti di qualsiasi regime. La vicenda personale della Achmatova ce lo dimostra».


Perché?
«Lei non scriveva, perché aveva paura di essere spiata. Noi metteremo in scena il legame con la sua amica Lidija Chukovskaja. Anna scriveva i suoi testi su un foglietto, l'amica li imparava a memoria e subito dopo i testi erano bruciati. Le poesie così cominciarono a camminare con le proprie gambe, per poi essere trovate addirittura in una corteccia di un gulag. Trovo molto bella l'idea che la poesia vinca la paura di essere spiata».


Come sarà la musica?
«Con una drammaturgia sonora forte, e un organico sostanzialmente classico. Vorrei trovare spazio per il timbro di qualche strumento tipico russo, così come fare affiorare il ricordo degli stilemi popolari di quel paese. Mi piace l'idea che la voce di Anna diventi quella del popolo e vorrei cercare di renderla musicalmente. La voce più intima della protagonista ha un corrispettivo in un violino solista, che continua a cantare anche durante queste esperienze tragiche e terribili della sua vita».


Come vive questa prima volta alla Scala?
«Sono felicissima e grata per quest'occasione».
Luca Della Libera
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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