«Senza giri di boa», arriva a teatro la rivolta social delle donne: «Il mondo del lavoro deve cambiare»

«Senza giri di boa», arriva a teatro la rivolta social delle donne: «Il mondo del lavoro deve cambiare»
di Maria Lombardi
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Sabato 17 Dicembre 2022, 15:37

«Ho impostato la mia vita all'insegna della fatica. Dovevo solo sgobbare, sgobbare, per dimostrare. Dimostrare sì, ma cosa e a chi?»,  Loredana, 41 anni, manager. «Per quattro anni e mezzo ho vissuto l'85 per cento del mio tempo in quell'ospedale, reperibile h24. Dopo il primo figlio, al ritorno dal parto, improvvisamente a lavoro divenni invisibile», Elisa, 39 anni, neuroradiologa. «Non ho mai visto le mie figlie nuotare al mare, stritolata, tutte le estati della mia vita, in lavori sottopagati che mi hanno rubato il tempo della vita», Concetta, 40 anni, stagionale. «Improvvisamente il lavoro manca. Il mio contratto è in scadenza, quindi non mi possono rinnovare. Però mi fanno tante congratulazioni!», Assia, 30 anni, incinta e di colpo disoccupata.
Storie di donne stremate. Dal lavoro che si è preso tutto o che è sparito, dalla fatica, dall'invisibilità. Dall'ingiustizia. Storie vere, sfoghi raccolti dalle venti giornaliste e scrittrici che lo scorso maggio hanno lanciato la campagna social #senzagiridiboa, divenuta prima un libro e adesso uno spettacolo teatrale. Quei giri di boa che l'imprenditrice della moda Elisabetta Franchi ha ammesso di tenere da conto prima di decidere la promozione di una donna: se alle spalle ha già i 4 passaggi (le boe: matrimonio, figli, divorzio, 40 anni) è il momento di affidarle un incarico al vertice. Tanto chi la vuole più? A che altro deve pensare se non al lavoro?
IL GRUPPO
«Le parole di Elisabetta Franchi, dette davanti all'allora ministra della Famiglia Elena Bonetti, oltre che a numerose altre imprenditrici, hanno provocato nella platea risolini», ricorda Chiara Maria Gargioli. «A noi, invece, quelle parole ci hanno fatto arrabbiare. All'inizio eravamo in cinque. Poche ore dopo nel gruppo WhatsApp superavamo le trenta. Allora lanciamo questa campagna?, ci ha chiesto Sara Giudice. Alle 22 di quella sera di maggio, ognuna di noi ha lanciato sui propri social l'hashtag #senzagiridiboa, accompagnato da una riflessione sulle parole dell'imprenditrice».
In pochi giorni l'hashtag diventa virale. Monta la rivolta contro un modello di lavoro «maschile», che mette le madri ai margini o davanti a un bivio (figli o carriera?), e costringe tutte le altre a una vita di rinunce o di sfruttamento. «Uscire tutti i giorni al mattino presto e tornare alla sera distrutta può andare bene per un po', ma arriva il momento in cui devi fermarti e rivedere la lista delle priorità», la mail di Silvia.
«Un modello che dà per scontato che si debba essere a disposizione h24, lavorare e basta, privarsi di tutto per raggiungere ruoli apicali», continua Gargioli. «Abbiamo detto no al modello Franchi e ai suoi quattro giri di boa. In pochi giorni ci sono arrivate centinaia di mail, alcune anche drammatiche. Come quella di una giovane lavoratrice, rimasta anonima, che ci ha inviato la sua foto con profonde cicatrici al collo. Era stremata da un sistema di lavoro che non le lasciava tempo, dimagriva e soffriva di insonnia. Quella mattina che aveva deciso di presentare la lettera di dimissioni ha tentato il suicidio».
L'IMPEGNO
Tutte queste storie sono state raccolte in un libro dal titolo appunto Senza giri di boa (Paper First) e poi sono diventate un spettacolo teatrale, con la regia di Tiziana Foschi. L'ultima rappresentazione pochi giorni fa a Più libri più liberi, la fiera della piccola e media imprenditoria a Roma. «Abbiamo già altre quattro date in programma. Il nostro percorso non si ferma, abbiamo creato un'associazione per portare avanti il nostro impegno e continuare a raccontare storie di ordinaria resistenza sul lavoro».
 

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