Poliziotta picchiata a Roma, Rosangela Marzo: «Ho difeso una madre e i suoi figli»

Poliziotta picchiata a Roma, Rosangela Marzo: «Ho difeso una madre e i suoi figli»
di Cristiana Mangani
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Giovedì 4 Febbraio 2021, 06:36 - Ultimo aggiornamento: 5 Febbraio, 11:15

Poliziotta per passione: «Sin da piccola volevo proteggere gli altri».
Non si può dire che Rosangela Marzo, 35 anni, agente scelto della Polizia di Stato, sia una persona che si sottrae quando c'è da intervenire. Delegata sindacale del Silp Cgil, un passato come soccorritrice del 118, poi, nell'esercito e da cinque anni in Polizia, si ritrova con il setto nasale spaccato, uno zigomo gonfio, e altri ematomi, per difendere una mamma con tre bambini che stavano per essere aggrediti da un uomo in evidente stato di agitazione: Adam Hebib, ghanese, 43 anni, pluripregiudicato, con decreto di espulsione a carico, e ora in carcere.


Rosangela, ha avuto paura?
«No, no, fa parte del mio lavoro. È successo altre volte, non ci si può spaventare per questo. Certo, un po' di shock c'è, non sto benissimo, devo fare un'operazione. Ma non cambierà niente, continuerò a uscire per strada».

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Cosa è successo esattamente?
«Siamo intervenute io e una mia collega del Commissariato Sant'Ippolito alle 11,30 del mattino, al Collatino. Diverse persone avevano chiesto aiuto per via di uno straniero che picchiava e urlava come un pazzo».


Ha provato a bloccarlo?
«Ho provato a farlo ragionare, ho cercato di convincerlo ad allontanarsi dalle persone che passavano, ma quando ho visto questa mamma spaventatissima, con un passeggino e tre bambini al seguito, e lo straniero che stava per prenderli a calci, mi sono messa davanti a loro per fargli scudo. Ed è in quel momento che mi è arrivato un pugno dritto in viso e uno schiaffo».


Come ha reagito?
«È stato un dolore fortissimo, avevo sangue dappertutto. Ho cercato di non svenire. La mia collega è giovanissima e da poco in Polizia, da sola non poteva certo contrastare quell'uomo grande e grosso che non ragionava proprio. Sono dovuti arrivare altri cinque agenti per fermarlo».


Non ha pensato di tirare fuori la pistola?
«Mai in una situazione così. Lui ha anche cercato di prendermela, ma l'ho bloccato. Il problema è che, davanti a una persona con disturbi psichici evidenti, usare qualsiasi tipo di arma può essere controproducente. Lo spray al peperoncino può agitarlo ancora di più, e poi, quando si usa bisogna fare una lunga relazione al ministero. La pistola si tira fuori solo se chi hai davanti ti minaccia con un'altra pistola, altrimenti mai».

E il taser? «Non lo abbiamo più. Gli avvocati sono riusciti a dimostrare che poteva far male a chi è cardiopatico, e quindi non è stato più adottato. E comunque, chi arriva ora in Polizia è preparato con corsi online, a causa del Covid. Anche se sei bravissimo, ci vuole più tempo e tanti più interventi in strada per acquisire maggiore esperienza».


Le donne rischiano di più?
«Assolutamente no. È solo una questione psicologica. Non è tanto se prendi uno schiaffo o un pugno, ma come reagisci. Questo lavoro si fa per passione, non per lo stipendio che ti danno a fine mese. Io posso prendermi le cose peggiori, le aggressioni, i pericoli, ma so che se li prendo io li evito agli altri, e questo è il mio obiettivo principale».


Come donna è mai stata discriminata sul lavoro?
«Niente maschilismo dove sto io. Veniamo trattati tutti allo stesso modo. Le zone di competenza del Commissariato Sant'Ippolito non sono facilissime: si va dalla Tiburtina a Casal Bertone, Pietralata, Santa Maria del Soccorso. Non sono il Centro o i Parioli. Qui si fanno i conti con realtà più complicate».


Per fare la poliziotta a quante cose ha dovuto rinunciare?
«Per la verità a niente. Sono sposata con un militare dell'Esercito, siamo tutti e due consapevoli dei rischi che corriamo. Quando andiamo fuori dal Commissariato per i controlli, io e i miei colleghi, forse anche un po' per scaramanzia, ci salutiamo e ci diciamo: Ok, siamo usciti, speriamo che torniamo».


L'altra mattina al Collatino, Rosangela se l'è vista brutta. E per quell'intervento ha ricevuto gli elogi del ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, che ha espresso «ferma condanna per l'aggressione». E ha dichiarato: «Ringrazio ancora una volta le donne e gli uomini delle Forze dell'ordine per il quotidiano gravoso impegno sul territorio, anche in questi mesi segnati dall'emergenza sanitaria Covid-19, a tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza dei cittadini».

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