Evelyn Pereira e il primo delivery al femminile: «Le mie rider in regola e sicure»

Evelyn Pereira e il primo delivery al femminile: «Le mie rider in regola e sicure»
di Maria Lombardi
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Domenica 10 Aprile 2022, 20:58 - Ultimo aggiornamento: 11 Aprile, 17:45

La rivoluzione arriva a domicilio, la porta una squadra di rider tutta al femminile. Takeve, il primo delivery di sole donne. «Nonna, ma perché a fare le consegne devono essere solo uomini? Con tutte le disoccupate che ci sono in giro». Erano i giorni del lockdown, i ragazzi in bici gli angeli che giravano in una Roma desolata a distribuire spesa e medicine. La nonna di Evelyn Pereira, imprenditrice peruviana di 29 anni, li guardava pedalare dalla finestra. «Pensaci tu», incoraggiò la nipote. E così da qualche mese le takever, magliette zaini e giacconi rossi, fanno su è giù in bici per le strade di Roma. Tra un mese altre colleghe con lo stesso logo sugli zaini attraverseranno a Milano, a ottobre saranno anche a Barcellona e Madrid. «La mia intenzione è stata quella di creare un modello etico e sostenibile che non guardi solo al profitto. Ho studiato la fattibilità del progetto e mi sono lanciata. Tutte le rider sono assunte regolarmente, hanno una divisa, caschi e dispositivi per la sicurezza. Anche se non ci sono ordini, hanno le ore di lavoro pagate. Non fanno la guerra del tempo, a chi arriva prima. Vanno tranquille e hanno un plus per ogni consegna». Da Lima al Quirinale, l'8 marzo Evelyn è stata invitata dal presidente Mattarella per raccontare la sua impresa.


Da quanto tempo vive in Italia?
«Da sei anni, mi sono trasferita qui perché il mio compagno è italiano. Abbiamo due figli piccoli, di 4 e 2 anni. La seconda è nata un mese prima del lockdown ed è stato questo evento a spingermi a fare qualcosa di importante».
Qual è stato il suo percorso?
«A Lima da quando avevo 16 anni ho partecipato ad attività di volontariato, mi occupavo dello sviluppo territoriale delle comunità emergenti peruviane e colombiane, e di cooperazione internazionale. Seguivo progetti per un commercio equo promuovendo prodotti agricoli e artigianali di piccole aziende per import export. Sono stata in Amazonia peruviana e per tre anni ho vissuto nelle Ande, partecipavo alle fiere internazionali per promuovere i prodotti e a una di queste ho conosciuto il padre dei mie figli».
Come è nata l'idea di Takeve?
«Il mio compagno e la sua famiglia hanno un ristorante, ho vissuto in prima persona la crisi del settore in questi anni. Già prima mi ero occupata di delivery, scoprendo un mondo. Con il lockdown ho capito che ruolo importante svolgevano i rider e mi sono chiesta: perché solo uomini? Ho tante amiche che hanno perso il lavoro, mamme che si sono trovate in difficoltà. Perché non impiegarle in un settore così in crescita, ma a condizioni diverse e con più regole? Ne ho parlato con mia nonna, si trovava in Italia per la nascita della mia seconda figlia. Mi ha spinto a provarci».
È stato difficile all'inizio?
«Certo, sono partita con un piccolo investimento, 40mila euro. Abbiamo lavorato sulla piattaforma e il software, io ho fatto un po' di tutto: dal marketing all'ufficio stampa alla grafica. E a novembre siamo partite. Quando serve, vado anche io a fare le consegne».
Quante siete?
«Ancora poche ma ci stiamo espandendo. Ho una socia, Francesca Zanotto, entrata in un secondo momento: lei è più grande di me, siamo una coppia che funziona benissimo. Le rider al momento sono sette, ma entro un anno, quando partiremo con Milano e la Spagna, contiamo di arrivare a cento».
Chi sono le dipendenti di Takeve?
«C'è una mamma di due bambini che con questo lavoro riesce a conciliare i suoi impegni, una donna di 45 anni, una studentessa che fa il part-time, ad esempio. A tutte diamo la possibilità di scegliere il tempo pieno o ridotto, offrendo anche la propria disponibilità in diverse fasce orarie. Ci hanno accusato di discriminare gli uomini. Quando il gender gap in questo settore sarà sensibilmente ridotto assumeremo anche loro».
I tre imperativi di Takeve, dice la pubblicità, sono: pink, green e good. Rosa, verde e anche buono.
«Solo donne regolarmente assunte. Solo bici elettriche: l'azienda Dott ci ha permesso i utilizzare i suoi mezzi a costo zero e Diadora Utility ci ha sponsorizzato fornendoci scarpe elastiche. Oltre che pink e green, siamo anche good: buoni, perché per ogni ordine facciamo una donazione, è a nostro a carico nostro ma lui sceglie a chi farla, sosteniamo anche Telefono Rosa. E presto oltre al food, consegneremo anche altro, dalle calze ai giocattoli».
L'8 marzo è stata invitata al Quirinale per parlare della sua attività. Sorpresa?
«Tantissimo, è stata un'emozione enorme, sono molto grata al presidente Mattarella per avermi scelta tra le testimonial di quella giornata. È stato riconosciuto il valore della mia iniziativa, il fatto che mi sono messa in gioco per aiutare le donne».
 

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