La campionessa Monica Contrafatto: «Con una gamba sola corro da supereroina. Dopo il bronzo sogno l'oro»

Da sinistra, Monica Contrafatto, Ambra Sabatini e Martina Caironi
di Valentina Venturi
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Sabato 11 Febbraio 2023, 15:40 - Ultimo aggiornamento: 20:47

«Se non avessi perso una gamba non mi sarei resa conto di quanto sono forte. Non avere una gamba non è un limite ma il mio punto di forza: il mio tendine di Achille al positivo». Monica Contrafatto, bersagliera e centometrista, eroina di guerra e campionessa. È la prima militare italiana ad essere stata insignita con la medaglia al valore dell'Esercito, è la terza atleta paralimpica più veloce al mondo. Ha conquistato il bronzo nei 100 metri femminili alle Paralimpiadi di Tokyo 2020 insieme alle atlete Ambra Sabatini e Martina Caironi, un'altra l'aveva vinta ai Giochi di Rio de Janeiro nel 2016. Lo sport ha rappresentato per il caporal maggiore una rinascita, dopo l'attentato durante una missione di pace in Afghanistan, nel 2012, in cui ha perso la gamba.


Dove ha trovato la forza di reagire?
«L'attentato mi ha cambiato la vita. Quando ero piccola volevo fare il poliziotto, poi a 15 anni sono arrivati i Bersaglieri nel mio paese, Gela, in Sicilia, e ho capito che mi sarei arruolata. Quando mi sono ritrovata ferita sul letto di ospedale, ho visto le Paralimpiadi di Londra e Caironi che vinceva i 100 metri piani. Lì ho capito che volevo una protesi da corsa: correndo avrei trasformato la mancanza della gamba in un'affermazione. L'atletica mi ha scelto e mi ha salvato la vita».


Sono arrivati nuovi ostacoli?
«Non ne ho incontrati nel mondo militare e nemmeno in quello sportivo. In nessuno dei due ambiti conta il sesso ma il risultato, sebbene sia vero che in certi ambienti si dica che la donna abbia più difficoltà a fare determinate cose e che debba lavorare di più. In realtà le donne hanno una marcia in più e l'uomo le sottovaluta perché ne ha paura. Conosco tante persone e le più capaci sono donne che come si dice al mio paese sono "muli di fatica"».


Merito di cosa?
«Prendiamo il mio esempio: dopo l'incidente mi sono resa conto che dentro di me c'è una forza innata che si chiama forza di volontà, che mi rende migliore. E non dipende da quello che faccio, ma da come affronto le situazioni. È inutile che ci piangiamo addosso, perché così allontaniamo le persone che ci vogliono bene. La vita ci mette davanti ostacoli che sembrano insormontabili ma la verità è che possiamo fare tutto, l'importante è rimboccarsi le maniche e crederci».


A Tokyo al momento della vittoria ha dedicato la medaglia all'Afghanistan il paese che le ha «tolto qualcosa» ma che le ha «dato anche tanto»: si riferiva a ciò che le è successo il 24 marzo 2012 quando è rimasta ferita nella provincia di Farah. Cosa ricorda di quel giorno?
«Ricordo tutto, non ho mai perso i sensi. Dall'aria che ti arriva in faccia, al sangue che usciva da sotto la cintura, a chi mi ha dato i primi soccorsi. Hanno lanciato bombe da mortaio dentro la base e la seconda mi ha colpita. Da lontano un compagno ha visto, è uscito e mi è venuto a prendere: è stato coraggioso, se non fosse stato per lui sarei morta dissanguata. Una scheggia mi aveva preso l'arteria femorale, ma l'ha cauterizzata per cui il circolo si è bloccato e ha fatto andare in necrosi la gamba».


Dopo Tokyo cosa l'aspetta?
«Volevo smettere ma l'appetito vien mangiando: è il momento di Parigi 2024. Il mio sogno è arrivare sul gradino più alto del podio. Non so se ci riuscirò ma sarebbe la soddisfazione più grande a 41 anni e la chiusura di quello che è iniziato con un evento spiacevole».


Cosa consiglia alle ragazze che di fronte a una sfida non si sentono all'altezza?
«Dico sempre che il corpo è un'impalcatura, quello che conta è lo spirito. Forse ho perso una gamba ma la mia anima è sempre la stessa, anzi si è rafforzata. Prima non avrei mai pensato di fare la velocista e ora lo sto facendo persino con una gamba in meno. Se ci penso non è nemmeno vero che ho una gamba in meno: ne ho tante. C'è chi cambia le scarpe io cambio le gambe!».


È protagonista della serie "Alè Europe" in onda ad aprile su CHILI. Nel format realizzato da Red Carpet, società del gruppo Ilbe, si raccontano dodici storie di campioni pluripremiati, tra cui il ciclista Vincenzo Nibali o Antonella Palmisano, campionessa olimpica di marcia della 20km a Tokyo 2020 e medaglia di bronzo mondiale a Londra 2017. I loro racconti sono legati alla valorizzazione territorio italiano. Cosa l'ha spinta ad accettare?
«Per come corro sono un po' una supereroina e noi sportivi siamo delle storie che camminano: poter diventare un punto di riferimento per altre persone mi onora. Abbiamo bisogno di rendere le città raggiungibili a tutti, per questo nella mia puntata racconto l'accessibilità delle zone turistiche di Roma. Quando mi chiamano per fare qualcosa come testimonial mi permettono di comprendere che anche io sto lasciando un segno, un piccolo segno positivo in questo mondo».
 

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