Miss Francia, la “livella” di Parigi sulla bellezza: le ragazze devono essere alte almeno 1,70

Miss Francia, la “livella” di Parigi sulla bellezza: le ragazze devono essere alte almeno 1,70
di Francesca Pierantozzi
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Sabato 7 Gennaio 2023, 21:44 - Ultimo aggiornamento: 22:44

PARIGI - No, non è discriminatorio precisare nell’annuncio di lavoro che per essere assunte bisogna essere alte almeno un metro e 70. E per favore, non brutte, o almeno «rappresentanti della bellezza». 
Per salvare Miss France ci è voluta una decisione del tribunale, che l’altro ieri ha respinto le richieste dell’associazione “Osez le Feminisme” che un anno e mezzo fa aveva portato davanti ai probiviri gli organizzatori del principale concorso di bellezza francese. Motivo: discriminazione.

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Per l’associazione un concorso aperto solo a certe morfologie è discriminatorio e sessista. La giustizia francese non se l’è però sentita di liberalizzare a tutte le taglie, altezze e fisionomie la competizione per scegliere la più bella di Francia. In compenso, anticipando la sentenza, gli organizzatori del concorso hanno cercato di correggere da soli alcune “arcaicità” presenti nel regolamento del concorso, la cui ultima edizione si è svolta il 17 dicembre e ha portato sul podio Indira Ampiot, Miss Guadalupa. Se resta la limitazione dei centimetri necessari per partecipare, è invece saltata quella anagrafica. Fino al 2022, solo le ragazze tra i 18 e i 24 anni potevano aspirare allo scettro: ormai basta essere maggiorenni, ma passati i 18 anni poi non ci sono più limiti di età. Né di stato civile: il concorso, prima riservato alle nubili, è ormai aperto alle coniugate, alle separate e anche alle mamme. Nessun problema nemmeno con donne transgender a patto, ha precisato la presidente della società Miss France Alexia Laroche-Joubert, che «la candidata risulti donna allo stato civile». 


IL SOLLIEVO DEL CONCORSO
Per gli organizzatori, la sentenza dei probiviri è un sollievo: la società Miss France e Endemol production si sono dichiarati «felici» del fatto che i loro argomenti «siano stati accolti dal tribunale». I giudici non hanno ritenuto accettabile né l’accusa di discriminazione né quella di sessismo, avanzata dall’associazione femminista. I probiviri si sono però dichiarati competenti a giudicare sulla vicenda, sancendo in questo modo che partecipare al concorso è un lavoro (più o meno) come un altro. Nella denuncia, l’associazione femminista francese contestava infatti anche la relazione giuridica tra gli organizzatori e le candidate. Da questa edizione, le aspiranti miss firmano un regolare – anche se risicato – contratto di lavoro. Il problema è che la durata del contratto è solo quella dell’ultima fase della competizione: tre giorni.

LA DENUNCIA
Per una paga considerata dalla maggior parte delle partecipanti come irrisoria (254 euro netti in tutto). In realtà le Miss lavorano molto di più: almeno un mese prima della finale. «Mettiamo tutto da parte, i nostri lavori, le nostre vite, i nostri studi» ha detto al Parisien Gwenegann Saillard, Miss Champagne-Ardenne 2020, la quale ha precisato che «ricevere regali non sostituisce uno stipendio» e che «nostro malgrado facciamo del volontariato: è puro e semplice sfruttamento». Secondo un calcolo delle più sindacalizzate tra le Miss, il mese di preparazione prima della prova finale prevede almeno 250 ore di lavoro tra «allenamento a sfilare, cene ufficiali, interviste, prove». Senza contare le condizioni di lavoro: «pressione psicologica, poche ore di sonno» e soprattutto una mensa che impone un regime da fame. Alcune delle candidate hanno confidato, sempre al “Parisien”, di avere perso fino a sei chili durante il mese di preparazione alla finale.


Per “Osez le Feminisme” la decisione dei probiviri di considerare comunque accettabili i criteri di altezza e quelli estetici per l’assunzione a candidata Miss è «intollerabile» e «perpetua un processo di reclutamento che è discriminatorio e illegale». Con l’Associazione avevano sporto denuncia anche tre ex candidate escluse al concorso di bellezza: sono state tutte condannate a pagare mille euro di spese legali. In compenso le femministe si sono dette soddisfate dal fatto che il tribunale abbia preso atto dell’esistenza di un rapporto di lavoro tra le miss e il comitato organizzatore. È un piccolo passo avanti. 
 

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