Intelligenza artificiale, Sara Pieri è l'unica italiana nella prima università al mondo: «Una sfida da ragazze»

Intelligenza artificiale, Sara Pieri è l'unica italiana nella prima università al mondo: «Una sfida da ragazze»
di Maria Lombardi
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Sabato 2 Aprile 2022, 13:46

«Tanti amici adesso mi ringraziano. La mia esperienza all'estero è uno stimolo anche per loro. Lo consiglio a tutti: uscite dal guscio e lanciatevi in nuove sfide». Quella di Sara Pieri l'ha portata lontano, ad Abu Dhabi. Lei è l'unica italiana tra i 137 studenti ammessi alla Mohamed bin Zayed University of AI, la prima università al mondo di Intelligenza Artificiale. A 24 anni Sara, dopo essersi lasciata alle spalle «la bolla romana», famiglia amici Sapienza, vive in uno dei quartieri più moderni della capitale degli Emirati Arabi e insieme al suo team sta partecipando a una gara che vale tre milioni di dollari. Si chiama Maritime Grand Challenge, tra i concorrenti, per avere un'idea, ci sono Mit ed esercito Usa. «Lo scopo del progetto è la videosorveglianza in mare con i droni», spiega Sara mentre in aeroporto sta per prendere il volo per tornare ad Abu Dhabi. «Grazie a braccia meccaniche e un sistema di riconoscimento guidato dall'Intelligenza artificiale bisogna recuperare determinati oggetti senza alcun intervento umano».
Qual è stato il tuo percorso?
«Ho studiato al liceo Tasso e poi ho conseguito all'università Sapienza la laurea triennale in Ingegneria informatica. Poi ho frequentato un Master in Intelligenza artificiale. Volevo però uscire dalla mia comfort zone e conoscere università internazionali, aprire i miei orizzonti. Così ho preso contatti con la Mohamed bin Zayed University of Artificial Intelligenze, la MBZUAI, un'università nascente che esisteva da meno di un anno».
La prima al mondo con questa specializzazione.
«Gli Emirati ambiscono a diventare nei prossimi 10 anni una potenza internazionale nello sviluppo dell'Intelligenza artificiale e hanno fondato la MBZUAI che porta il nome della famiglia regnante. L'università si sviluppa in tre programmi: machine learning, computer visual, che è quello che seguo io, e natural language processing. E ha attirato i migliori professori al mondo in questi ambiti».
Sono state difficili le selezioni?
«Siamo 137 studenti che arrivano da ogni parte del mondo. La selezione è stata molto dura, è iniziata a dicembre del 2020 e il test finale l'ho sostenuto a marzo del 2021. L'orientamento è cominciato il 15 agosto, mi sembrava così strano. Adesso ho finito il primo semestre. L'università ci paga l'equivalente di 1.900 euro al mese per frequentare e ci offre l'alloggio. Viviamo tutti in un quartiere molto particolare, una specie di città del futuro studiata per essere sostenibile, solo pannelli solari e autobus a guida autonoma. Abbiamo le aule praticamente sotto casa. Se penso quanto era faticoso frequentare La Sapienza. L'aspetto forse più interessante è che lo studio è incentrato sulla ricerca, ognuno di noi è associato a un professore che segue i nostri progetti. In aula siamo dieci e c'è un rapporto diretto con i professori».
A quali progetti sta lavorando?
«Uno di computer vision, è la possibilità di cercare un'immagine dando la descrizione dell'azione in questa contenuta. Ad esempio, inserisco nella ricerca: Sara sta leggendo. L'altro è il progetto di pattugliamento automatico delle aree marittime e ricerca di oggetti con i droni. Si tratta di una challenge lanciata dal governo, il mio team è stato selezionato per partecipare alla seconda fase».
Quante ragazze frequentano questa università?
«Siamo circa il 40 per cento. L'università spinge molto sull'empowerment femminile e sulla leadership nonostante la visione della donna in questo Pese sia ancora molto legata alla religione. Quasi tutte le studentesse sono musulmane, alcune sono coperte».
Negli studi Stem, scienze tecnologia matematica e ingegneria, e nell'ambito dell'Intelligenza artificiale esiste ancora un gap di genere. Come andrebbe colmato?
«In Italia sarebbero necessarie più occasioni per promuovere gli studi Stem, soprattutto tra le ragazze. Di sicuro questo gap andrà colmato spiegando anche che non ci vuole una super intelligenza o talenti particolari basta essere determinate. Anche avere dei riferimenti e degli esempi può aiutare. E nell'intelligenza artificiale c'è bisogno di una maggiore rappresentazione femminile anche a livello dei dati. C'erano algoritmi che avevano difficoltà nel riconoscimento del parlato di donne essenzialmente per un problema di dati».
Cosa altro ha imparato in questi mesi negli Emirati?
«Ho imparato ad espormi. Alla Sapienza mi capitava di tirarmi indietro perché non mi sentivo in grado di sopportare l'esposizione. In questa università sei obbligato a farlo. Ho capito anche che la perfezione, a cui tendiamo soprattutto noi ragazze e che a volte ci limita, va sì cercata perché aiuta. Ma al tempo stesso è necessario lanciarsi senza troppa paura di fallire».
 

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