A 70 anni la nonna trekker: «A piedi fino a Londra, la Francigena al contrario, il mio cammino è arte»

A 70 anni la nonna trekker: «A piedi fino a Londra, la Francigena al contrario, il mio cammino è arte»
di Simona Verrazzo
4 Minuti di Lettura
Sabato 28 Agosto 2021, 08:54

Il cammino si tinge di rosa: sono sempre più le donne che si mettono alla prova e intraprendono uno dei secolari percorsi che attraversano l'Europa, tra arte e natura. In solitudine, vuoi per sfida fisica vuoi per questioni personali, sono pellegrine contemporanee che in comune hanno una forte motivazione e la passione per le attività all'aria aperta. In questo caso la pandemia da Covid-19 ha dato una ulteriore spinta, tanta la necessità dopo mesi di lockdown sia l'anno scorso sia quest'anno di rimettersi in moto.
Nel Vecchio Continente sono tante le possibilità di scelta del tragitto, così come non mancano storie che si trasformano in esempio collettivo. È il caso di Maria Teresa Gavazzi, artista milanese classe 1950, una vita cosmopolita che l'ha portata in giro per il mondo, dal Brasile al Giappone, dall'Italia al Regno Unito. Tante le sfide in cui si è cimentata, compresa quella di percorrere la Via Francigena al contrario, da Roma a Londra, in quello è uno dei cammini più famosi e suggestivi d'Europa, nei secoli passati la strada dei pellegrini da Canterbury alla Città Eterna, per poi proseguire fino a Gerusalemme.
IL RACCONTO
«La mia è stata un'esperienza dettata da una motivazione antropologica racconta l'artista al Messaggero ho voluto fare la Via Francigena a ritroso alla stregua dei nostri migranti italiani che risalivano l'Europa per arrivare nel Regno Unito». Lo spunto è arrivato dopo il master in Antropologia sociale che Gavazzi ha frequentato nel 2018 alla School of Oriental and African Studies (SOAS) di Londra. «È nata così l'idea di un progetto d'arte, iniziato il 21 marzo 2019 e terminato il 17 agosto 2020», spiega a un anno di distanza dalla conclusione.
Una prospettiva diversa di avvicinarsi alla Via Francigena, fatta in cinque tappe lungo quasi 2000 chilometri. Il percorso diventa quindi una vera e propria performance, realizzata con il cellulare, dai monumenti al paesaggio, dalle persone agli animali. «Ogni volto è una storia, ogni storia un'opera dice l'artista è il mio modo di raccontare quella che io chiamo migrazione fluida». Il risultato è un collage di umanità, che non si svela mai completamente. «Ho scelto di non mostrare i visi delle persone che incontravo spiega Ma ho preferito nasconderli dietro i loro stessi ritratti, in una fusione tra fotografia e disegno».
LA SFIDA
Il tutto sempre con lo zaino in spalla, come secoli fa, cioè In cammino, che è anche il volume di BookTime nato da quest'esperienza. Una sfida fisica, che lei stessa faceva fatica a immaginare di riuscire a concludere. L'artista milanese riscontra quanto sia prezioso e complesso il concetto di camminare, una delle prime cose che i bambini imparano, concetto adesso riscoperto dopo mesi di lockdown, ed è consapevole di quanto quest'esperienza l'abbia messa di fronte anche ai propri limiti.
IL FUTURO
«Durante tutte quelle settimane non ho mai avuto paura, anzi ogni incontro è stato fonte di arricchimento spirituale confida La mia preoccupazione era per la forma fisica. La prima delle cinque tappe è stata la più faticosa, ma poi il corpo ha la splendida capacità di adattarsi in fretta». Oggi Maria Teresa Gavazzi è soddisfatta della sua sfida vinta con sé stessa ed è grande il bagaglio emotivo che resta dopo un'esperienza così. «Se penso ai luoghi, alle persone e alle situazioni che ho vissuto è questo il suo bilancio Non mi sento di dire che ho attraversato dei singoli paesi, ma che non ci sono confini, perché ovunque c'è la stessa umanità, la stessa voglia di un futuro migliore».
Il pensiero dell'artista milanese è anche per coloro che, su percorsi diversi dalla Via Francigena ma sempre diretti verso nord, cercano la fuga da fame e povertà. «I migranti che dalla Francia tentano la traversata della Manica verso il Regno Unito conclude Compiono pure loro, a ritroso, la strada dei pellegrini verso Roma e Gerusalemme».
La fatica fisica di reggere la strada come voto per chiedere una grazia. È con questo spirito che si è cimentata Marianna Hofer, attuale sindaco di Valle di Cadore, in provincia di Belluno. Ex calciatrice ed campionessa d'Italia, 40 anni, si è messa alla prova sul Cammino di Santiago de Compostela, il più famoso d'Europa assieme alla Via Francigena. Quasi 800 chilometri in meno di un mese, una sfida non da poco persino per un fisico allenato da atleta, ma anche in questo caso fortemente motivata. Nella sua storia c'è più di una ragione, dalla malattia di sua madre alla vittoria nelle elezioni municipali, non ultimo il salvataggio della chiesa di San Martino, che domina la vallata, tutt'ora inagibile per movimento franoso.
L'ATTIVISTA
Se in passato a mettersi in cammino erano i pellegrini, mentre in epoca moderna sono i migranti, ci sono motivazioni etiche non meno forti di quelle religiose o economiche. L'ultimo esempio arriva dall'attivista 73enne Giuliana Baldinucci, ex professoressa di matematica, che ha percorso il cammino tra Gubbio e Roma per raccogliere fondi da devolvere ai centri anti-violenza femminile della sua regione, l'Umbria. Dalla provincia di Perugia alla capitale, in cammino attraversando l'Appennino, per dire no' alla violenza di genere: 200 chilometri in due settimane, con arrivo alla Casa Internazionale delle Donne di Roma.

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