Colette Maze, la straordinaria pianista di 107 anni: «Suono per la libertà»

Colette Maze, la straordinaria pianista di 107 anni: «Suono per la libertà»
di Francesca Pierantozzi
5 Minuti di Lettura
Sabato 20 Marzo 2021, 09:06 - Ultimo aggiornamento: 21 Marzo, 16:06

«Questo non lo scriva, teniamocelo per noi»: ride Colette Maze. A quasi 107 anni, la sua vita di donna libera, musicista, pianista, ragazza madre, bohème in una famiglia della buona borghesia parigina, la diverte. «Mi hanno insegnato come si sta a tavola, ma i miei valori erano altri» dice. Ha un sorriso elegante, brioso, scherza, anche con le mani, che agita davanti a sé con grazia, nel suo appartamento inondato di luce al quattordicesimo piano.

Video


Tra l'ingresso e il soggiorno anni '70 ci sono quattro pianoforti, un Pleyel, regalo di Pleyel per i suoi 18 anni (dunque era il 1928); poi uno Steinway, davanti al piccolo balcone; addossato alla parete un pianoforte verticale con la sordina, per «studiare», e poi una pianola di legno, seminascosta dal porta-abiti: «era di mio marito, ma mica suonava tanto bene, sa» ride ancora Colette. Non che pensi di essere sconveniente, o un manifesto vivente di femminismo, come in realtà è: le viene naturale esaltare l'aspetto giocoso delle cose. «L'ho sposato tardi, nel 60, aveva 40 anni più di me mi dia retta, non se lo sposi uno con tanta differenza di età»: e strizza l'occhio. Chiunque la incontri vorrebbe carpire il suo segreto
«L'energia devo averla nei geni» dice. Geni straordinari, in effetti. È nata il 16 giugno 1914. Da quando ne aveva tre suona il pianoforte. Ad aprile uscirà la sua quinta registrazione. Un cofanetto di tre cd, l'integrale dei pezzi per pianoforte di Claude Debussy. Ci sediamo davanti a un caffè.

Lei vede un pezzo di carta sulla moquette, fa un balzo, si china, lo raccoglie, lo mette via.


 

La domanda pare inevitabile: Ci dica: come fa?
«Ginnastica. La ginnastica è tutto. Anche suonare il pianoforte è ginnastica, e io lo suono ogni giorno, da quando avevo tre anni. Adesso quattro o cinque ore al giorno. Sa, per mantenere il repertorio ci vuole molto studio. Il mio mestiere è stato a lungo accompagnare le ballerine. E ho sempre adorato ballare. Ho avuto la fortuna di studiare con Alfred Cortot. Ho sempre amato la musica e il pianoforte. Quando era piccola, non cullavo le bambole, suonavo. A vent'anni sono entrata all'Ecole Normale de Musique. Cortot era molto intellettuale, ma durante un soggiorno in Ungheria, aveva imparato degli esercizi di yoga da fare prima di suonare e ci costringeva a farli anche a noi».
È questo il suo segreto: la ginnastica?
«Non ci sono segreti, è la gioia di vivere»


Continua a fare esercizi anche oggi?
«Non esageriamo, da qualche anno ho smesso (ride). Ma continuo a fare esercizi per le spalle, le braccia, le mani (tira su e giù, stende, ruota, gira i polsi e stringe le dita, nervose e flessibili, impermeabili all'artrosi) I pianisti sono spesso rigidi, bloccati. Questo non va bene. Anche i muscoli addominali sono importanti per suonare. Adesso non faccio più tutti questi esercizi, ma li ho come integrati dentro di me. Ci vuole una forma di solidità per vivere bene, una solidità anche nei muscoli».
Lei è nata a Parigi, in una famiglia borghese. Essere musicista non era forse il mestiere più scontato per una ragazza...
«Sono stata molto fortunata a poter fare della musica il mio lavoro. I miei erano molto borghesi, io sono decisamente più bohèmien. Mia madre era una donna dura, severa. Adorava i cavalli e i suoi cani. Ma con i figli aveva meno pazienza. La tenerezza di cui avevo bisogno l'ho trovata nella musica».
E anche la libertà?
«Sì. A un certo punto, ero ancora molto giovane, andai a vivere in un monolocale a Parigi, al piano terra, nel XVII arrondissement, sul boulevard Pereire. Si affacciava sulla ferrovia. Adoravo il rumore dei treni, non mi dava per niente fastidio. Il suono di chi viaggia, di chi parte. E lo adorava anche lui (indica Fabrice, suo figlio, regista di documentari, seduto sul divano, la loro complicità è allegra, palpabile). L'ho cresciuto da sola: all'epoca non succedeva spesso e non era ben visto L'unica cosa: non amavo fare le pulizie. Non mi è mai piaciuto: preferivo suonare. E ballare. Tutto, anche il tango, e non per i ragazzi»
Dopo tanti anni, prova sempre lo stesso piacere a suonare?
«Sempre. È parte di me. Due compositori soprattutto: Schumann e Debussy. Robert, perché con lui c'è sempre Clara, c'è nella sua musica un amore perpetuo, c'è tenerezza e passione. Debussy perché è l'altro tipo di amore, è l'albero, l'acqua, l'alga, è la natura che diventa ancora più bella se hai la fortuna di incontrarci una persona gentile Bach invece mi piace meno. Lo studio sempre, ogni giorno, ma è troppo strutturato, troppo simile a mia madre».
Il Covid ha cambiato la sua vita? Ha paura del virus?
«Ma come posso avere paura, quassù? In fondo siamo tutti portatori di microbi, no? No, non ho paura».
Ricorda tutto?
«No, lo so che non ricordo tutto, ma non è grave. Non sono sicura della mia età, e mi confondo un po' con i miei nipoti. Ricordo il rumore che faceva la canoa nel fiume a casa dei miei nonni. Anche quella è musica. Poco tempo fa sono andata al mare. Il rumore dell'acqua sui sassi della riva: anche quella è musica. La musica è nella natura. Bisogna saper ascoltare. Come quando si canta in un coro: a un certo punto bisogna essere capaci di farsi da parte e ascoltare le altre voci, anche e soprattutto se sono discordanti».
Progetti per il futuro?
«Conoscere nuovi compositori, anche se mantenere il repertorio richiede già tanto lavoro. E poi aspetto il principe azzurro»

© RIPRODUZIONE RISERVATA