Erika Gotta, la chef tra le stelle: «In cucina combatto. Unica donna in brigata, i colleghi si divertivano a sminuirmi»»

Erika Gotta, la chef tra le stelle: «In cucina combatto. Unica donna in brigata, i colleghi si divertivano a sminuirmi»»
di Valentina Venturi
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Sabato 31 Dicembre 2022, 09:21 - Ultimo aggiornamento: 09:25

«Mi sono trovata a lavorare in cucine come unica donna della brigata: ho faticato a non farmi mettere i piedi in testa. Alcuni colleghi uomini si divertono a sminuirti appena ne hanno l'occasione, con molestie verbali e tante volte anche fisiche. Senza rispetto e senza un confronto costruttivo». Sono ricordi anche dolorosi ma ormai legati al passato, quelli della ventinovenne Erika Gotta, chef piemontese che quest'anno ha conquistato prima la Corona Radiosa 2023 a Golosaria 2022 e poi il prestigioso titolo di miglior chef Under35 dell'anno ai Food Community Awards 2022, evento annuale che esalta il lavoro di chef, format, concept e ristoranti che si sono distinti nel settore. Classe 1993, volitiva e perfettamente in grado di gestire una brigata, inizia la sua carriera nel 2008 all'istituto alberghiero Velso Mucci a Bra, nel 2018 lascia il Piemonte per la Lombardia dello chef stellato Giancarlo Morelli, ma vi ritorna nel 2021 chiamata da un'altra donna volitiva, l'imprenditrice milanese Barbara Varese, e oggi è chef del ristorante La Bursch, a Campiglia Cervo, in provincia di Biella.

Il mondo della cucina è ancora così difficile per una giovane donna?
«È estremamente maschilista. Forse proprio per questo ho sempre tirato dritto per la mia strada: per poter avere un giorno la possibilità di dimostrare che potevo e che ce l'avrei fatta, proprio come può farcela un uomo».

Le è capitato di sentirsi sottovalutata o sminuita in quanto donna?
«Tantissime volte, forse troppe. Anche quando non era necessario, ricordo tanti pianti chiusa in bagno. Ero anche la più piccola di casa e non avevo acquisito a pieno la consapevolezza delle mie capacità. Ho sempre avuto una vocina dentro di me che mi ronzava nella testa e mi diceva di non preoccuparmi: tu vali. Io lo so, ancora oggi mi guida e mi conforta. Se non fosse stato per la mia determinazione e per quella vocina, probabilmente adesso farei un lavoro che non mi gratifica e che non amo».

Esperienze difficili da ignorare; eppure quando ha capito che non voleva arrendersi?
«Con il tempo e con l'esperienza, provando e riprovando perché all'inizio non ero sicura. È un lavoro molto faticoso che può privarti di tante cose. Solo il tempo mi ha aiutata. Ho imparato a scegliere la materia prima migliore, a lavorarla nel modo più giusto, sbagliando tantissime volte e ricominciando. Quando stavo quasi per mollare, la vita mi ha portato all'incontro con Barbara (Varese, proprietaria de La Bursch, ndr). Un incontro fondamentale per il mio cammino».

 

Ha seguito le orme familiari?
«Ho degli zii che hanno un ristorante, ma la vera passione mi è stata infusa da mio papà. Quando io e mia sorella eravamo bambine, ci metteva ai fornelli e ci insegnava tutti i suoi trucchetti che ancora oggi non rivelo».
Cosa rappresenta per lei essere la miglior chef Under35? «Una conferma per tutti i ragazzi che mettono anima e corpo nel lavoro ogni giorno insieme a me. Sono sempre stata abituata a perdere, in questo caso vincere un premio del genere e trovarmi insieme ai Big della cucina mi ha reso molto fiera di tutto e tutti».

Qual è stato il suo percorso professionale?
«Dopo l'Istituto alberghiero ho iniziato a Il Marachella, ristorante nel complesso del Monastero di Cherasco. Poi sono passata al Caffè Osteria Bertaina di Mondovì e presso La Ciau del Tornavento; quest'ultima è stata un'esperienza faticosissima ma molto formativa. Mi sono spostata a Milano nel 2018 al Ristorante Morelli, sotto la guida sapiente di Livio Pedroncelli sous chef di Giancarlo Morelli e successivamente da Pomiroeu. Nel 2020, in piena pandemia, con mia sorella Alida e il suo compagno Maurizio Rosazza Prin proviamo un'esperienza inedita: una ghost kitchen. Poi l'incontro fatidico con Barbara e il mondo de La Bursch».

Cos'è una ghost kitchen?
«Chiamata anche dark kitchen è una cucina centralizzata, chiusa dove si preparano esclusivamente piatti per le consegne a domicilio. Partendo da zero con mia sorella e il compagno, abbiamo selezionato le migliori materie prime e sperimentato i piatti più golosi e creativi, con estrema cura e precisione. Un vero e proprio tour de force: ricordo che Maurizio mi preannunciava la sveglia chiamandomi alle 6.30 del mattino, quando invece era generoso erano le 7. Un'esperienza unica e formativa che ha contribuito a rendermi quella che sono oggi: una cuoca che non lascia nulla al caso!».

Che consigli darebbe a chi volesse intraprendere la sua professione?
«Bisogna essere convinte: è un mondo difficile e faticoso. Bisogna immaginare di indossare un'armatura tutti i giorni e combattere, consapevoli che a volte si può essere anche sconfitti. È una sfida che aiuta a crescere. Importantissimo, secondo me, essere umili e appassionati con tanta fame di imparare. Sono una persona con i piedi ben saldi a terra e continuo a testa dura a lavorare con i ragazzi a questo progetto pazzesco che è La Bursch. Sono sicura che con sacrifici e impegno i risultati arriveranno, senza sognare troppo».

 

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