Donne che pensano troppo e si fanno del male. La psicoterapeuta: «I social hanno moltiplicato dubbi e ansie»

Donne che pensano troppo e si fanno del male. La psicoterapeuta: «I social hanno moltiplicato dubbi e ansie»
di Maria Lombardi
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Venerdì 31 Marzo 2023, 19:20

I pensieri pesano, anche se la bilancia non se ne accorge. Quanti chili di domande, dubbi, ragionamenti, perplessità riesce a elaborare ogni giorno il cervello di una donna? Troppi, ancora troppi. Un carico di elucubrazioni che non ha misura e però schiaccia, tanto è pesante. Ce lo portiamo sulle spalle, sulla testa e sul cuore, lo trasciniamo da una parte all’altra, proviamo a tenere il passo con un macigno addosso. Più lente e distratte, inevitabilmente. I social ci appesantito ancora di più: dubbi e ansie moltiplicate all’ennesima potenza.

GLI INTERROGATIVI

Scena tipica. «Cosa starà pensando?», si interroga lei guardando lui, assorto sul divano. È infelice? Mi ama ancora? Si sente intrappolato nella routine? Ha voglia di fuggire? Pensa a un’altra? In trenta secondi la mente di lei si è lasciata travolgere da decine di domande. Magari lui si sta solo rilassando, beato, e ha la testa libera e leggera, oppure con quel post su Instagram voleva solo scherzare e non comunicare chissà cosa. Siamo noi, quelle pesanti, quelle iper-pensanti. E hai voglia a provare con diete mentali per alleggerirci, con meditazione e mindfullness. La tentazione a “ruminare” è sempre lì, pronta a farci sprofondare nella modalità «il mio cervello non si ferma mai». Quella da cui proviamo a liberarci da tanto, anche seguendo i consigli di uno dei primi manuali per combattere l’eccesso di pensiero. “Donne che pensano troppo” di Susan Nolen-Hoeksema, da poco uscito in edizione rinnovata per Libreria Pienogiorno, un bestseller in tutto il mondo, con più di due milioni di copie vendute, e che ogni volta riapre la solita discussione. Perché viviamo in una gabbia di pensieri? La docente di psicologia alla Yale University (scomparsa qualche anno fa) l’ha ripetuto in tutti i modi. «Si pensa che riflettere sulle cause delle nostre emozioni sia una cosa positiva», ha scritto la psicologa. «Il problema è che rimuginare non rivela i significati più veri e profondi della vita. Non aiuta a fare chiarezza sul passato né a trovare soluzioni ai problemi attuali. Invece, inquina la mente con la negatività al punto che ci si sente sconfitti ancora prima di iniziare; bloccati e demoralizzati, o si sprofonda sempre di più nella depressione». È il troppo che ancora una volta ci frega. La svolta sarebbe: anche meno. Meno pensieri, tanto per cominciare, e di seguito stress, responsabilità, cura, colpe. Il “troppismo” ci ha rovinate. “Donne che amano troppo”, il bestseller di Robin Norwood, “Donne che lavorano troppo”, di Elizabeth Perle McKenna. Ci sono interi scaffali di librerie a ricordarci che abbiamo esagerato.

I POST

«Con l’uso massiccio dei social la situazione è peggiorata», avverte la psicoterapeuta Monica Letta. «Soprattutto tra le giovani fino a 30 anni. Quando sono in crisi ruminano su post e storie cercando significati reconditi, messaggi mascherati che spesso non ci sono. I social permettono di spiare gli altri, nutrono dubbi, ansie e domande. E rendono più difficile il distacco proprio perché l’altra persona continua ad essere, anche se solo virtualmente, presente». Come ci si libera da questo carico di pensieri? «Bisogna comprendere che si tratta di pensieri che distanziano dalla realtà e non producono un miglioramento nei rapporti», aggiunge la psicoterapeuta. «Sono come l’estremità malata della bella tendenza femminile ad avere una consapevolezza emotiva. Dobbiamo aiutare le donne a sentirsi femminili anche se non si fanno troppo carico delle emozioni altrui. Continua ad esserci, anche tra le più giovani, un’eccessiva tendenza alla cura degli aspetti emotivi e relazionali, a comprendere, interrogarsi e giustificare. E così le ragazze si dividono tra quelle che soffrono troppo e pensano troppo e quelle che restano sole. Siamo in momento di passaggio, dobbiamo continuare a promuovere un percorso di parità nelle relazioni, di sostanza, sull’importante dimensione della condivisione». 

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