Nascere bimba in tante aree del mondo significa violenza e discriminazione, registrati ben 142 milioni di aborti selettivi

credit Terres des Hommes
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Venerdì 7 Ottobre 2022, 13:03

Il quadro complessivo resta tragico. Nascere di sesso femminile in tante zone del mondo è fonte di discriminazioni pesantissime già alla nascita. Minacce e pericoli incombono, infatti, sulla vita di ogni bambina, già prima della nascita e poi in ogni fase della sua esistenza. Negli ultimi 50 anni gli aborti selettivi hanno impedito a oltre 142 milioni di bambine di nascere e, tra quelle che hanno avuto almeno l’opportunità di venire alla luce, ogni anno 3 milioni rischiano vita e salute per le mutilazioni genitali femminili (MGF) e 12 milioni sono costrette a matrimoni precoci, con trend in peggioramento a causa del contesto di instabilità globale. A minacciare la vita delle minori sono poi le gravidanze precoci, che riguardano un terzo delle giovani nei Paesi a medio-basso reddito, così come le violenze, le disuguaglianze e le discriminazioni che portano all’esclusione da istruzione e lavoro e precludono l’uscita dalla povertà. Il quadro emerge dal Dossier indifesa “La condizione delle bambine e delle ragazze nel mondo” 2022 di Terre des Hommes, presentato a Roma in occasione della Giornata mondiale delle bambine (11 ottobre).

«I progressi dell’ultimo ventennio rischiano di essere compromessi: a minacciarli sono pandemie, conflitti e cambiamenti climatici, che tra lockdown scolastici e conseguenze economico-sociali riverberano pesantemente i loro effetti nefasti soprattutto su bambine, ragazze e giovani donne», ha dichiarato Paolo Ferrara, direttore generale Terre des Hommes.  

ABORTI SELETTIVI. Le bambine mai nate dal 1970 a oggi sono circa 142 milioni e, se il trend attuale proseguirà, entro il 2030 altre 4,7 milioni potrebbero non venire alla luce. Una strage silenziosa causata dagli aborti selettivi, legati alla tradizionale preferenza per i figli maschi per motivi economici e culturali in alcune regioni, soprattutto in Paesi come Cina e India, che in anni recenti hanno tuttavia avviato politiche di contrasto.

MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI. Nei primi anni di vita, le bambine corrono poi il rischio di subire mutilazioni genitali femminili (MGF). L’Organizzazione mondiale per la sanità (Oms) stima che nel mondo siano 200 milioni le ragazze e le donne che le hanno subite, dovendo fare i conti con conseguenze fisiche e psicologiche. Ogni anno circa 3 milioni di bambine e ragazze rischiano di subire la pratica, con lapossibilità concreta di morire a seguito di emorragie o infezioni. L’incidenza è particolarmente impressionante in Somalia: le persone con MGF sono quasi il 99%.

Nel suo rapporto, Terre des Hommes sottolinea l’importanzadell’istruzione femminile tra i fattori di prevenzione: se le madri hanno completato il primo ciclo d’istruzione, cala infatti del 40% il rischio che infliggano le mutilazioni alle figlie. Ma a complicare la prevenzione e il contrasto c’è anche l’abbassamento dell’età media delle bambine sottoposte a MGF: in Gambia è scesa da 4 a 2 anni, in Kenya da oltre 12 a 9. La “finestra” per intervenire, quindi, è sempre più ridotta.

MATRIMONI PRECOCI. In molti Paesi le MGF precedono un altro dramma nella vita delle minori: imatrimoni precoci. L’Unicef stima che ogni anno circa 12 milioni di under 18 siano costrette a sposarsi, il 21% del totale delle spose. E se i progressi realizzati tra 2010 e 2020 hanno permesso di salvare 25 milioni di bambine e adolescenti, la crisi economica legata a siccità e alla guerra in Ucraina, nonché la chiusura delle scuole legate alla pandemia, hanno aggravato di 10 milioni la precedente stima di 100 milioni di bambineche saranno costrette a sposarsi prima del 2030. Il fenomeno esiste anche in Italia, dove la polizia ha registrato un aumento dei reati legati ai matrimoni forzati, di cui le vittime sono per un terzo minorenni (7 in 5 mesi nel 2019, 8 nel 2020, 21 nel 2021).

GRAVIDANZE PRECOCI. Nei Paesi a medio-basso reddito, un terzo delle giovani tra 20 e 24 anni è rimasta incinta durante l’adolescenza: 60 anni fa accadeva al 50%, ossia il calo è di soli tre punti percentuali per decennio. La regione dove le madri precoci fanno più figli è l’Africa Subsahariana, con tasso più che doppio rispetto alla media globale (rispettivamente 100 e 42 nati ogni 100 ragazze). Le gravidanze precoci sono infatti la maggior causa di morte tra le adolescenti, (le madri infra 15enni rischiano di morire o riportare gravi conseguenze da gravidanza e parto, cinque volte più delle ventenni) e altre ricadute riguardano l’abbandono degli studi, la conseguente minor possibilità di trovare un lavoro adeguatamente retribuito e la dipendenza dal marito, con minor chance di uscire dalla povertà. In Italia, secondo il Servizio Ricerca e Monitoraggio Area Infanzia e Adolescenza dell’Istituto degli Innocenti, su elaborazione dei dati Istat, nel 2020 i bambini nati da madri minorenni sono stati 923, di cui 4 da under 15, ossia prima dell’età del consenso. I numeri sono complessivamente in calo: nel 2019 i bambini nati da madri minorenni erano stati 1.086, nel 2018 erano 1.218.

ACCESSO ALL’ISTRUZIONE E AL LAVORO. Sulle opportunità delle giovani pesa anche la povertà educativa: sono 129 milioni quelle che nel mondo non hanno accesso all’istruzione, primaria per 32 milioni e secondaria per 97 milioni. E il gender gap si allarga considerando i tassi di completamento del percorso scolastico, più bassi per le ragazze. Anche nell’accesso al mondo del lavoro il quadro è sfavorevole per le giovani: i Neet (18-24enni che non studiano e non lavorano) nei Paesi Ocse sono passati dal 14,4% nel 2019 al 16,1% nel 2020 e sono al 16,5% donne, al 14% uomini. Negli stessi Paesi, il 70% delle donne Neet non cerca lavoro in gran parte a causa dell’impegno domestico di cura dei figli. Proprio l’Italia, nel 2021, è stata il Paese europeo con la maggior quota di Neet, il 23,1% dei 15-29enni, secondo l’Istat. Il fenomeno è prevalentemente femminile: il 25% delle giovani italiane non studia e non lavora, dato che peggiora con l’avanzare dell’età (38% fra 30-34 anni, a fronte del 18,5% dei coetanei maschi).

VIOLENZA DI GENERE. Per bambine e donne, ogni ambito della vita comporta il rischio di subire violenza. L’Onu stima che una donna su tre al mondo (ossia 736 milioni) ne abbia subita, fisica o sessuale,almeno una volta da un partner o uno sconosciuto, mentre 15 milioni di ragazze fra 15 e 19 anni hanno subito rapporti sessuali contro la propria volontà da parte del partner. Violenza e molestie riguardano anche il mondo del lavoro, pervasive in ogni settore, professione, Paese. In Italia, 8,8 milioni di donne hanno subito molestie o ricatti sessuali in tale ambito, un quarto di loro prima dei 18 anni, secondo l’Istat.

VIOLENZA IN RETE. Le giovani sono anche le persone più esposte alla violenza online. L’80% delle immagini legate ad abusi sessuali su minori ritrae ragazzine tra 11 e 13 anni, mentre il 58% delle giovani donne e adolescenti è stato molestato online, calcola l’Onu. La situazione, afferma Terre des Hommes, èparticolarmente grave per quante appartengono a minoranze etniche, alla comunità LGBTQIA+ e hanno una disabilità. «In Italia la difesa di chi ha subito reati online, soprattutto se minorenne, è ancora debole e rende spesso difficile proteggere i ragazzi e ragazze che ne sono vittime», sottolinea Terre des Hommes, che contro la violenza online ha lanciato con altre 13 organizzazioni della società civile la campagna #ChildSafetyOnlineNow.

GENDER GAP. Una nota positiva arriva dal “Global Gender Report”: nel 2022 sono stati guadagnati quattro anni nel cammino verso la parità di genere, prevista per il 2154, mentre nel 2021 gli anni di separazione erano 136. Nei 146 Paesi considerati, la parità è più vicina per quanto riguarda salute e sopravvivenza nonché istruzione (obiettivo raggiunto al 95,8%), è lontana sulla partecipazione politica (22%).L’Italia è al 63° posto (72%), tra Zambia e Tanzania. Ultimo l’Afghanistan.

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