Liliana Fratini Passi: «Dobbiamo avere più donne ai vertici di banche e finanza»

Liliana Fratini Passi: «Dobbiamo avere più donne ai vertici di banche e finanza»
di Maria Lombardi
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Sabato 5 Giugno 2021, 11:19

La signora del cashless, la donna che guida la rivoluzione digitale dei pagamenti. Liliana Fratini Passi è direttore generale di Cbi, l'hub voluto da Abi per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione dell'industria finanziaria e bancaria italiana e internazionale. Dirige una struttura di sole donne. «È stato casuale, non c'è stata alcuna volontà di creare una prima linea di sole donne. Cbi è una società a base consortile posseduta da circa 400 banche italiane e sviluppa servizi digitali di pagamento. Nella trasformazione societaria del 2019 abbiamo rivisto il nostro organigramma: le migliori candidate erano donne. Come mio impegno personale ho sottoscritto la carta delle donne in banca, promossa nel 2019 da Abi, con obiettivo di valorizzare la diversità di genere».

Lei ha indagato l'impatto della legge Golfo-Mosca, che ha introdotto le quote rosa nelle aziende, nel settore finanziario. Cosa è emerso?
«Il nostro il regolamento giuridico ha dato una bella spinta. L'Osservatorio interistituzionale sulla partecipazione femminile negli organi di amministrazione e controllo delle società italiane ha mostrato che tra il 2011 e il 2019 la percentuale delle donne negli organi di amministrazione delle società quotate, dove vige l'obbligo della legge, è passata dal 7% al 37%. Nelle società a controllo pubblico l'incremento è stato dall'11 al 25%».
E nelle banche?
«In questo settore non vi è un obbligo specifico ma vi è stato comunque un adeguamento. Nei cda delle banche quotate in borsa la presenza femminile è salita al 37%. In quelle non quotate la percentuale è rimasta al 15%. La legge ha comunque sensibilizzato ad affrontare il tema della presenza delle donne negli organi amministrativi e di controllo».
Cosa è cambiato ai vertici?
«Se guardiamo alle posizioni di vertici i numeri cambiano totalmente. Nelle società finanziarie italiane quotate le donne che ricoprono il ruolo di amministratore delegato sono solo il 2%, e nelle banche solo l'1%. È di aprile scorso la nomina della prima donna chiamata alla guida di una grande banca, Elena Goitini ad di Bnp-Paribas. Dalla ricerca European Women on Boards emerge che il nostro Paese si distingue per una sorta di dicotomia: c'è una valutazione positiva per il numero di donne nei cda grazie all'impianto legislativo e una negativa per la leadership femminile nelle posizioni apicali. Siamo a una percentuale del 17% contro il 33% della Norvegia e il 25% del Regno Unito. È una questione che va affrontata».
Perché si fa carriera fino a un certo punto?
«Fino alle posizione di quadro c'è parità, ma più si va avanti nel processo di carriera più la barriera lavorativa diventa elevata. Fino a diventare uno scudo nel momento in cui la donna dovrebbe raggiungere l'apice professionale. Purtroppo si sconta ancora la scelta della maternità e l'impegno nella gestione della famiglia».
Lei ha tre figli ed è riuscita a conciliare i due ruoli.
«Non sono Wonder Woman, ho avuto una famiglia che mi ha affiancata nel mio percorso manageriale, dandomi la possibilità di assentarmi da casa con tranquillità».
Esiste ancora un gap nell'educazione finanziaria tra uomini e donne. Come affrontarlo?
«La cultura del risparmio e della finanza potrebbe essere inserita nei percorsi scolastici e portare così a un innalzamento della formazione. Ma alcune statistiche dicono che le donne sono molto apprezzate e ricercate come consulenti negli investimenti. Nella gestione finanziaria hanno una maggiore avversione al rischio, tendono a fare scelte assennate, per questo nei cda contribuiscono a migliorare le performance delle aziende. Oggi i grandi investment banker identificano nelle donne il consulente di riferimento. Un ruolo in cui stanno crescendo».

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